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Assassinio a Venezia (A Haunting in Venice): cosa ne pensa la critica nazionale e internazionale

Come ho già fatto in occasione delle precedenti regie di Kenneth Branagh (Assassinio sull’Orient-Express e Assassinio sul Nilo) presento qui di seguito una sintesi delle principali critiche, nazionali e internazionali, rivolte all’ultimo film, Assassinio a Venezia, ispirato a un romanzo di Agatha Christie. Da notare che rispetto alle pellicole precedenti, basate su grandi classici dell’autrice e abbastanza fedeli a quei testi, in questo caso la critica si è astenuta dall’esprimere pareri forti in quanto il romanzo non è considerato uno dei capolavori della Christie e l’ispirazione è molto libera, al punto che se si va a leggere il testo originale viene quasi da chiedersi cosa c’entri il film di Branagh con tutto ciò, ma questo non significa che la pellicola non possa piacere. Opinione personale: una dodicenne trovata annegata con la testa infilata in un catino per le mele, come avviene nel romanzo della Christie, risulta molto più inquietante e angosciante dei fantasmi “evocati” dal regista britannico, ma evidentemente lui la pensava diversamente. Paradossalmente, perché succede di rado, il titolo italiano del romanzo, Poirot e la strage degli innocenti, risulta più suggestivo del titolo originale, Hallowe’en Party, e perfino del titolo originale del film, A Haunting in Venice.

A Haunting in VeniceLiberamente adattato dal romanzo di Agatha Christie del 1969 Poirot e la strage degli innocenti, il film dissemina i suoi indizi in modo un po’ troppo evidente, per cui la grande rivelazione non è poi così sconvolgente. E presenta lo stesso problema dei film precedenti: la sfilata di interrogatori inizia a diventare un po’ ripetitiva dopo la prima mezza dozzina. L’elemento horror-lite gli dà una scossa, con la regia di Kenneth Branagh che tira fuori dal cappello qualche sussulto, ma questo mystery moderatamente divertente avrebbe potuto avvalersi di molti più spaventi. Se si fosse optato per un horror in stile Hammer più sfrontato, anziché per un occulto di buon gusto, la pellicola avrebbe potuto essere da urlo.
(Olly Richards, Time Out, 11 settembre 2023)

La croce e delizia del film stavolta sta tutta nel fatto che Branagh non ha affrontato capisaldi già diventati film (come Assassinio sul Nilo o Assassinio sull’Orient Express) ma un racconto di Agatha Christie meno famoso (Poirot e la strage degli innocenti) potendosi permettere non solo di cambiare location e ambientarlo a Venezia ma anche di stravolgere la storia, i toni, e le finalità a suo piacimento. L’intreccio quindi non è scritto con la consueta precisione di Agatha Christie, e si sente, lasciando più spazio a un lavoro su ambienti, luci, toni e altri generi come il cinema di tensione e (vagamente) l’horror.
(Gabriele Niola, Wired Italia, 14 settembre 2023)

Assassinio sul Nilo era ambientato nel 1937, questo film si svolge dieci anni dopo. “In mezzo – osserva Kenneth Branagh – c’è stata una guerra mondiale traumatica, durante la quale Poirot ha viaggiato ed è stato esposto a massacri e devastazione. All’inizio del film lo troviamo in una specie di disperazione, una delusione per il fatto che un’altra generazione sarebbe potuta andare in guerra dopo quella che abbiamo visto in Assassinio sul Nilo e che lui stesso ha combattuto. Per questo non vuole più far parte di un mondo in cui la violenza, i crimini e gli omicidi lo hanno reso pessimista nei confronti del prossimo. Va a vivere in una città dove può contare sull’anonimato. Assassinio sull’Orient Express parlava di vendetta, Assassinio sul Nilo di avidità, questo film parla del soprannaturale, se esiste qualcosa nell’aldilà, un fantasma o un Dio… e se Poirot ci crede o meno. Questo dilemma implica inevitabilmente un sentimento di paura, sia per lui che per noi”.
(Redazione Spettacoli, La Repubblica, 14 settembre 2023)

Nella versione tv di Poirot e la strage degli innocenti, molto più fedele al romanzo e comunque a questi superiore, il Nostro si prende gioco della pagana festa dei folletti anglosassone, per lui a fine ottobre e inizio novembre si devono, cattolicamente, onorare i defunti. Invece, nel film si professa non credente, come il positivista Holmes e come il suo creatore Conan Doyle (che peraltro alle medium e alla fate ci credeva): il suo scetticismo verso le sedute spiritiche non è quello di un cattolico osservante (che le considera trucchi o veicolo per portare presenze demoniache sul nostro piano di esistenza), bensì è l’approccio dell’incredulo, quasi di un iscritto al CICAP ante litteram.
Il film è una sorta di Il mastino dei Baskerville (classico romanzo di Sherlock Holmes del 1902) di Poirot: un giallo a tinte sovrannaturali, alla fine del quale c’è sì una spiegazione razionale, che però non è esaustiva (e l’intervento dei fantasmi non è affatto escluso).
(Stefano Priarone, La Stampa, 14 settembre 2023)

A Haunting in Venice

Dall’Orient Express alle lunghe e sinuose sponde blu del Nilo, fino ad arrivare ad una spettrale Venezia post Seconda Guerra Mondiale. Per Assassinio a Venezia, Kenneth Branagh, per la terza volta regista e attore, prende spunto dal romanzo di Agatha Christie, Poirot e la strage degli innocenti, per realizzare un thriller soprannaturale. Tinte horror e inquietanti, queste erano le premesse emerse dal trailer e dalle prime immagini del film. Ma, come i partecipanti di una seduta spiritica, lo spettatore viene ingannato dall’atmosfera dark e da qualche scontato jump scare. L’idea era quella di mescolare il whodunit all’horror. Ci sono un omicidio e diversi sospettati, un palazzo infestato e la notte di Halloween. Ingredienti perfetti. Peccato che il risultato è lo stesso che accomuna questo terzo capitolo ad Assassinio sull’Orient Express e Assassinio sul Nilo. Branagh non riesce a sfruttare al meglio la genialità della scrittura di Agatha Christie.
(Francesca Lombardo, Sentieri Selvaggi, 14 settembre 2023)

I baffi multistrato sono tornati, meritando pienamente un credito a sé stante, ma non posso immaginare che i fan di Agatha Christie amino tutte le libertà che Kenneth Branagh e lo sceneggiatore Michael Green si prendono con il racconto Poirot e la strage degli innocenti del 1969 della grande Dame. Tra queste, la più clamorosa è lo spostamento dell’ambientazione dal signorile (anche se un po’ incline agli incidenti) villaggio inglese fittizio di Woodleigh Common a un inquietante palazzo veneziano.
Poiché è anche difficile che il film possa piacere a chi non è un fan della Christie, questo rappresenta praticamente l’intera fascia demografica del pubblico.
(Brian Viner, Daily Mail, 14 settembre 2023)

Assassinio a Venezia ha tutte le carte in regola per essere un giallo memorabile. Lo ha scritto Agatha Christie. Ma, e la cosa non sorprende, il film ne esce dissonante. Per molti versi, il problema è il cast sottoutilizzato. La storia, come ogni buon giallo, introduce un ensemble dinamico – un medico, un bambino ossessionato da Edgar Allan Poe, una suora combattuta, un’ex fidanzata avida di denaro, una medium scaltra e i suoi assistenti, una madre in lutto, un ex poliziotto – interpretati da diversi attori di spicco. Tuttavia, il film assomiglia a una produzione da quinta liceo, dove il lavoro di approfondimento di questi personaggi è più nei dialoghi che nelle interpretazioni. Ma stranamente non si può dire lo stesso dell’Hercule Poirot di Kenneth Branagh, l’unico personaggio a cui viene dedicata un’attenzione significativa. Ecco un mistero da risolvere.
(Maxwell Rabb, Chicago Reader, 22 settembre 2023)

A Haunting in Venice

Credo che Kenneth Branagh si sia divertito molto di più a realizzare Assassinio a Venezia di quanto ci siamo divertiti noi a guardarlo.
Il film è basato sul mystery di Agatha Christie del 1969, Poirot e la strage degli innocenti, che, secondo i meglio informati, non si svolge a Venezia. Ma chi se ne frega!
Il film di Branagh usa astutamente l’antica città bagnata dalla pioggia per farci venire i brividi. Ma mentre le ombre che si intravedono parzialmente e l’eco inquietante delle risate di bambini non visti sono innegabilmente d’atmosfera, il mistero in sé è deplorevolmente poco curato.
(Eleanor Ringel Cater, Saporta Report, 24 settembre 2023)

Molti registi di questi tempi prenderebbero un set, uno schermo verde e semplicemente chiuderebbero la giornata. Se praticamente tutto può essere creato dalla magia della CGI, perché non usarla esclusivamente? Il regista Kenneth Branagh non è d’accordo. Per Assassinio a Venezia, utilizza la CGI in combinazione con le location e i palcoscenici reali di Venezia.Questa decisione crea un senso di tattilità e peso che non è stato possibile replicare solo con i computer. A ciò si aggiunge la scelta di Branagh di realizzare un murder mystery con elementi horror molto reali. Non si tratta solo del fatto che la maggior parte del film si svolge durante un forte temporale. Agli attori non sono stati comunicati i momenti specifici in cui le porte sbattono, il vento soffia o le luci si spengono. Questo senso di sorpresa permea sia le loro interpretazioni che un certo grado di caos tonale. Non fraintendetemi, Branagh non ha concepito Poirot a mo’ di La casa (purtroppo). È ben consapevole che questo film si svolge all’ombra della Seconda Guerra Mondiale. C’è una reale percezione delle persone che hanno perso i loro cari, l’innocenza, il senso dell’ottimismo.
(Tim Brennan, About Boulder, 25 settembre 2023)

Prodotto, tra gli altri, da Ridley Scott, Assassinio a Venezia è il terzo film di Kenneth Branagh ispirato ad Agatha Christie, avendo già portato sullo schermo Assassinio sul Nilo (2022) e Assassinio sull’Orient Express (2017). […] Lo stile, lucido dall’inizio alla fine, sostiene l’ambiguità che popola il film. Infatti, se Poirot è l’incarnazione della deduzione logica e dell’evidenza scientifica, un uomo che non si lascia ingannare dai sensi e filtra tutto attraverso la sua mente, in tutto il film ci sono ingredienti che rendono tangibile il soprannaturale. Poirot è un campione della ragione, ma dubita delle sue percezioni e alla fine sembra spalancare la porta a eventi che la sua intelligenza non può spiegare. Questo stato intermedio è pertinente per stabilire una similitudine tra i fantasmi che abitano la casa e i loro “parenti stretti”, i fantasmi che perseguitano gli adulti nella storia. Tutti hanno un passato drammatico o tragico, tutti cercano di affrontarlo al meglio. […]
Alla fine rimangono alcuni dubbi e viene svelato un lato oscuro della maternità. Ma la ragione trionfa e l’apice si raggiunge con le immancabili spiegazioni di Poirot (un prerequisito del genere poliziesco). E sebbene il film sia ambientato subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, questa vittoria è rilevante in questi tempi in cui l’emozione offusca la ragione.
(Hugo Hernández Valdivia, Cinexecpción, 26 settembre 2023)

I romanzi di Agatha Christie, e lei era una scrittrice prolifica, hanno un inizio di grande impatto, una parte centrale e un finale soddisfacente. Sono i personaggi e i luoghi a essere interessanti e a far sì che i lettori tornino per averne di più. […] Il Poirot di Kenneth Branagh ha occhi che scrutano dentro le persone per capire cosa le spinge a comportarsi in un certo modo. […]
Ci sono stati diversi Hercule Poirot in passato, tra cui Albert Finney, David Suchet e Kenneth Branagh, ma il mio preferito è David Suchet, che mostra finezza in qualsiasi cosa faccia. Quando il suo Hercule Poirot è “avvilito”, lo dimostra. Detto questo, Assassinio a Venezia è un giallo dignitoso, con ombre, misticismo e una trama ricca di colpi di scena.
(Marie Asner, The Phantom Tollbooth, 30 settembre 2023)

È splendidamente girato, perfettamente ambientato e pieno di grandi attori – e per fortuna dura anche meno di due ore. Quindi, se volete uno spuntino pre-Halloween con qualche brivido, ma senza esagerare, questo è il film che fa per voi.
(Paul Salfen, AMFM Magazine, 05 ottobre 2023)

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Poirot e la strage degli innocenti (Halloween Party)

Sintesi: Ariadne Oliver, visibilmente sconvolta, si reca da Poirot per raccontargli quanto accaduto durante la festa di Halloween: una ragazzina di dodici anni, Joyce, è stata trovata morta affogata, in biblioteca, con la testa all’interno di un secchio di zinco, pieno d’acqua, contenente le mele utilizzate per l’omonimo gioco. Durante i preparativi della festa, la giovane aveva dichiarato di aver assistito a un omicidio avvenuto qualche tempo prima. Poirot cerca di ottenere preziose informazioni facendosi aiutare dal Sovrintendente Spence, ormai non più in attività. Nel corso delle indagini, tuttavia, anche il fratello di Joyce, Leopold, viene trovato morto dopo essere stato spinto in un torrente. Poiché la serie di omicidi sembra inarrestabile, Poirot si rende conto di dover trovare la soluzione quanto prima. Curiosità: È il romanzo con il maggior numero di vittime minorenni e questo ne aumenta la drammaticità.
Il volume è dedicato allo scrittore comico P.G. Wodehouse: “I cui libri e le cui storie hanno illuminato la mia vita per tanti anni”.

Poirot e la strage degli innocentiRiferimenti intertestuali:

1) Riferimento a un’altra avventura di Hercule Poirot narrata in Fermate il boia (in originale Mrs McGinty’s Dead):
“La signora Oliver? Francamente non la ricordo”.
“Scrive dei romanzi. Romanzi polizieschi. Pensateci bene. L’avete incontrata parecchio tempo fa, proprio quando mi avete convinto a indagare sull’assassinio della signora McGinty. Non avrete dimenticato la signora McGinty, vero?”
“Mio Dio, no. Ma è successo tanti anni fa… mi avete fatto un grande favore, quella volta, proprio un grande favore, Poirot. Sono venuto a chiedervi aiuto e voi non mi avete deluso”.
(pag. 36, traduzione di Tina Honsel per Mondadori, 1940)

2) Riferimento alla favola di Esopo (620 a.C. – 564 a.C.) Lo scherzo del pastore:
“Potresti sbagliarti”, le disse suo fratello.
“Certo”, replicò lei. “Chiunque può sbagliarsi. È come in quella vecchia storia del ragazzo che gridava “Al lupo”. Nessuno gli credeva più e così, quando il lupo venne davvero, se lo prese”.
(pag. 65, traduzione di Tina Honsel per Mondadori, 1940)

3) Riferimento alle storie narrate nella raccolta di racconti Le fatiche di Hercule (The Labours of Hercules):
Il suo pensiero riandò ad alcune avventure che aveva vissuto molti anni prima e chiamato “Le fatiche di Hercule”. In un certo senso, si disse, quello dove si trovava non era un giardino inglese. Aveva un’atmosfera speciale, e lui si sforzò di catturarla, di definirla. Era un’atmosfera fatta di magia, d’incanto, di bellezza, una bellezza insieme schiva e selvaggia.
(pagg. 98-99, traduzione di Tina Honsel per Mondadori, 1940)

4) Riferimento al personaggio di Miranda, della Tempesta di Shakespeare, e, in particolare, all’atto quinto, scena prima, in cui il personaggio esclama: Oh, wonder! How many goodly creatures are there here! How beauteous mankind is! O brave new world, That has such people in ’t!:
“Come ti chiami?”.
“Miranda”.
“Un nome che ti si addice”, osservò Poirot.
“State pensando a Shakespeare?”.
“Sì. Lo studi a scuola?”.
“La signorina Emlyn ce ne ha letto qualcosa. Io ho chiesto alla mamma di darmi qualche altra sua opera. Mi piace molto. Ha un ritmo meraviglioso. “Un mirabile mondo nuovo…”. Ma non esiste nulla di simile, vero?”.
(pag. 105, traduzione di Tina Honsel per Mondadori, 1940)

Poirot e la strage degli innocenti5) Riferimento al mito di Teseo e Arianna con conseguente abbandono di lei sull’isola di Nasso:
“Mi era piaciuto molto il tuo nome, Ariadne. Mi sembrava tanto intonato al luogo”.
“Sì, credo che sia un nome greco”, disse la signora Oliver. “È proprio mio, sai, non uno pseudonimo letterario. Ma non mi è mai successo niente in linea con questo nome. Nessun amante mi ha abbandonata su un’isola greca come era accaduto alla mitica Ariadne”.
(pag. 110, traduzione di Tina Honsel per Mondadori, 1940)

6) Riferimento alla storia di Giuditta e Oloferne, contenuta nel Libro di Giuditta:
“Non si può essere sempre all’altezza del proprio nome”, disse la signora Butler.
“No, hai ragione. Non riesco a immaginarti mentre tagli la testa al tuo amante, Judith. Come ha fatto la tua omonima della Bibbia con Oloferne, se non sbaglio”.
(pag. 110, traduzione di Tina Honsel per Mondadori, 1940)

7) Riferimento alla storia di Giaele e Sisara, contenuta nel Libro dei giudici:
“Chi è stato quello che ha conficcato dei chiodi nella testa di qualcun altro? Jael o Sisera. Non ricordo mai chi dei due è l’uomo e chi la donna. Jael è la donna, credo. Ma come si fa a chiamare Jael una bambina?”.
(pag. 111, traduzione di Tina Honsel per Mondadori, 1940)

8) Riferimento a una nota nursery rhyme inglese, probabilmente composta alla fine dell’Ottocento: My mother said that I never should / Play with the gypsies in the wood; / If I did, she would say, / Naughty girl to disobey:
“La mamma non vuole che giochi nel bosco con dei bambini che non conosco”.
(pag. 115, traduzione di Tina Honsel per Mondadori, 1940)

9) Riferimento alla nursery rhyme Ding, Dong, Bell il cui titolo appare anche, come ritornello, nella Tempesta (atto primo, scena seconda: Sea nymphs hourly ring his knell: Hark! Now I hear them – Ding, dong, bell) e nel Mercante di Venezia (atto terzo, scena seconda: Let us all ring fancy’s knell; I’ll begin it – Ding, dong, bell) di Shakespare: Ding, Dong, Bell, Pussy’s in the well. Who put her in? Little Johnny Green:
“Mi siete stata utilissima, invece”, replicò Poirot. “Che ne è stato di quella ragazza straniera che, a quanto dicono, sarebbe fuggita?”.
“Non è arrivata molto lontano, secondo me. Conoscete quella canzoncina che dice Din don da, nel pozzo il micio sta?. Io la penso così, almeno”.
(pag. 160, traduzione di Tina Honsel per Mondadori, 1940)

10) Riferimento al Macbeth di Shakespeare:
“Aveva tutte le qualità necessarie”, dichiarò Poirot. “Mi sono chiesto spesso che tipo di donna fosse Lady Macbeth. Be’ credo di averla incontrata”.
(pag. 219, traduzione di Tina Honsel per Mondadori, 1940)

Poirot e la strage degli innocenti11) Riferimento al mito di Narciso e a una canzone francese a lui dedicata:
“Quanto all’amore… lui amava solo se stesso. Era Narciso. C’è una vecchia canzone francese che ho sentito tanti anni fa…”.
Poirot canterellò sottovoce:
Regarde, Narcisse
Regarde dans l’eau…
Regarde, Narciesse, que tu es beau
Il n’y a au monde
Que la Beauté
Et la Jeunesse,
Hélas !
Et la Jeunesse…
Regarde, Narcisse…
Regarde dans l’eau…
(pag. 221, traduzione di Tina Honsel per Mondadori, 1940)

12) Riferimento al mito di Ifigenia e alla decisione di suo padre, Agamennone, di sacrificarla:
Indicò una parola scritta in alto, nell’angolo a sinistra.
Judith Butler lesse lentamente: “Ifigenia”.
“Sì, Ifigenia. Agamennone sacrificò sua figlia per avere in cambio un vento che portasse le navi a Troia. Michael avrebbe sacrificato Miranda per avere un nuovo giardino dell’Eden”.
(pag. 226, traduzione di Tina Honsel per Mondadori, 1940)

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