Articoli con tag: ten little niggers

Dieci piccoli indiani: confronto tra i dialoghi di due versioni teatrali italiane

Agatha Christie - teatroIl breve confronto qui di seguito realizzato prende come esempio alcune battute del primo atto della versione teatrale di Dieci piccoli indiani per proporre una piccola riflessione su un diverso approccio traduttivo. Le versioni italiane prese in esame sono quella della scrittrice e traduttrice Laura Grimaldi, pubblicata nel 1984 e poi riedita nel 2004 all’interno dei volumi Tutto il teatro di Agatha Christie, dove la traduzione delle pièces era ad opera di diversi traduttori, e quella di Edoardo Erba, drammaturgo e regista teatrale, pubblicata nel 2014 sempre all’interno dei volumi Tutto il teatro di Agatha Christie questa volta affidati interamente alla sua curatela.
Il punto che voglio evidenziare è la netta differenza tra la resa di un’esperta traduttrice letteraria che non operava in ambito teatrale e quella di un esperto teatrale che non fa il traduttore di mestiere. Partiamo dal fatto che la pièce è ambientata negli anni Quaranta nel contesto di un’isola deserta e che entrambe le traduzioni mantengono il riferimento temporale e l’ambientazione, quindi non si tratta in alcun modo di trasposizioni ambientate in epoche o paesi diversi né di adattamenti. Di conseguenza, la resa italiana non dovrebbe avvalersi di un linguaggio che stona rispetto al contesto né, tuttavia, trattandosi di testo teatrale destinato alla recitazione, ricorrere all’uso di espressioni tipiche della letteratura ma assolutamente fuori luogo nel parlato. Prima di ogni esempio fornisco una breve analisi.

Esempio 1:
In questo caso specifico il personaggio è la moglie del domestico chiamato sull’isola per accogliere gli ospiti. Il marito è sulla cinquantina, come si evince dalla didascalia iniziale dell’opera, e anche la moglie sembra avere più o meno quell’età. Nella versione inglese, la donna non storpia la lingua e non fa uso di espressioni colloquiali, tuttavia, Edoardo Erba sente l’esigenza di conferire al personaggio una parlata più familiare che però stride con il tono del testo originale. Sentire la Signora Rogers esclamare “Ommadonna” personalmente mi fa rabbrividire, e anche l’uso del vocabolo “trincare” al posto dello standard “bere” dà l’idea di trovarsi in un’osteria più che in una lussuosa villa. Al contrario, Laura Grimaldi non calca la mano ma si attiene al testo di partenza:
La signora Rogers, moglie del domestico, è preoccupata perché gli ospiti stanno già arrivando sull’isola e si lamenta:
Oh, dear, already? […] No maids till the morning, and all these guests arriving today. […] Making that steep climb an excuse for a drink, I suppose. Like some others I know.
Versione italiana di Laura Grimaldi (2004):
Oh, santo cielo, già? […] Fino a domani mattina, niente domestica, e tutti quegli ospiti che arrivano in giornata! […] E dopo aver fatto quella salita, troveranno la scusa buona per bere. Come fa qualcuno di mia conoscenza.
Versione italiana di Edoardo Erba (2014):
Ommadonna, di già? […] Neanche una donna che mi aiuta fino a domani mattina, e tutta ‘sta gente che arriva. […] La salita… sarà una bella scusa per cominciare a trincare, vedrai. Come fa qualcun altro, non faccio nomi…

Agatha Christie (teatro)Esempio 2:
Qui il problema è dato dall’espressione “old girl” che il marito rivolge alla moglie. Considerato che entrambi hanno superato la cinquantina, definire la signora Rogers “ragazzaccia” (espressione che peraltro Edoardo Erba riprende per tutto l’arco della pièce) ha evidentemente un significato ironico che però, come nel caso precedente, sembra fuori contesto (è verosimile che negli anni Quaranta un domestico chiami la moglie “ragazzaccia”?).
Rogers, alla moglie, dopo aver ricevuto l’elenco degli ospiti:
Thanks, old girl.
Versione italiana di Laura Grimaldi (2004):
Grazie, vecchia mia.
Versione italiana di Edoardo Erba (2014):
Grazie, ragazzaccia.

Esempio 3:
Vera Claythorne è un’istitutrice, sveglia e intelligente. Edoardo Erba rende il vocabolo “silly” con “cretinata” ma, considerato il grado d’istruzione della donna, ne smorza l’effetto aggiungendo subito dopo un educato “scusi”. Gli conveniva tradurre semplicemente con “stupidaggine” o “sciocchezza”.
La venticinquenne Vera Claythorne commenta la distribuzione degli ospiti sulle barche:
It seems silly to have brought only us in the first boat and all the rest in the second.
Versione italiana di Laura Grimaldi (2004):
Che stupidaggine, portare solo noi due sulla prima barca e tutti gli altri sulla seconda.
Versione italiana di Edoardo Erba (2014):
Però è una cretinata, scusi: la prima barca solo per noi e tutti gli altri sulla seconda?

Agatha Christie (teatro)Esempio 4:
Il personaggio di Antony Marston è una testa calda. Mentre Laura Grimaldi preserva l’atmosfera anni Quaranta facendogli esclamare “Gran bel posticino”, anche se poi la soluzione “prendere per il bavero” è troppo letteraria e poco adeguata al parlato, Edoardo Erba punta sull’effetto e lo fa parlare come un giovanotto dei giorni nostri. Una scelta un po’ troppo azzardata.
Arriva Anthony Marston, ventitré anni, e si guarda in giro ammirando la bellezza del posto per poi scoprire di essere stato trascinato là con l’inganno:
Wizard place you’ve got here. […] The dirty old double-crosser! He’s let me down.
Versione italiana di Laura Grimaldi (2004):
Gran bel posticino. […] Vecchio imbroglione! E così, mi ha preso per il bavero.
Versione italiana di Edoardo Erba (2014):
‘Sto posto è una bomba. […] Vecchio figlio di buona donna! Mi ha fregato.

Esempio 5:
Il personaggio è lo stesso ed Edoardo Erba decide, con una certa coerenza, di fargli mantenere il tono colloquiale dello sbruffone anni 2000 (ma siamo nel 1940) eliminando, però, la distinzione tra “beastly bad luck” e “beastly nuisance” e convertendo entrambi in “iella”. Ma l’originale parla giustamente di “nuisance” in quanto la sospensione della patente è una seccatura più che una iella. Corretta la scelta di “bambini” anziché “ragazzi” per cui aveva optato in precedenza la Grimaldi.
Anthony Marston reagisce male alle accuse sollevate nei suoi confronti e poi cerca di giustificare il delitto di cui lo si accusa:
Don’t know what the damned fool was getting at… […] I’ve just been thinking… John and Lucy Combes. Must have been a couple of kids I ran over near Cambridge. Beastly bad luck. […] I had my license suspended for a year. Beastly nuisance.
Versione italiana di Laura Grimaldi (2004):
Non riesco a capire dove voleva arrivare, quel maledetto idiota… […] Stavo pensando… John e Lucy Combe. Dovevano essere due ragazzi che investii con la macchina vicino a Cambridge. Una sfortuna incredibile. […] Mi fu ritirata la patente per un anno. Una seccatura terribile.
Versione italiana di Edoardo Erba (2014):
Non capisco dove vuole arrivare ‘sto idiota malefico… […] Stavo pensando: John e Lucy Combe. Devono essere i due bambini che ho investito con la macchina vicino a Cambridge. Iella nera. […] Mi hanno sospeso la patente per un anno. Iella bestiale.

Agatha Christie (teatro)Esempio 6:
Qui la Grimaldi opta per una resa corretta ma troppo lunga per una battuta teatrale. Forse una soluzione migliore sarebbe stata: “La legalità è in calo. Il crimine ha tutto il mio appoggio”. Edoardo Erba, sempre alle prese con il personaggio a cui ha attribuito una parlata moderna, resta fino in fondo coerente al suo principio anche se il risultato può essere discutibile.
Sempre Marston, dopo che ognuno ha cercato di giustificare i propri crimini:

The legal life’s narrowing. I’m all for crime.
Versione italiana di Laura Grimaldi (2004):
Il rispetto per la legalità diminuisce ogni giorno di più. Io faccio il tifo per il crimine.
Versione italiana di Edoardo Erba (2014):
La legalità si sta squagliando. Io sto col crimine.

Esempio 7:
Nella scena, il personaggio svuota un bicchiere in un sorso per poi morire. Laura Grimaldi opta per il più letterario “spirare” anziché “morire”, mentre Edoardo Erba sente l’esigenza di esplicitare che prima è avvenuto l’“ingozzamento” e poi il “soffocamento”. In pratica il ragazzo si è strozzato.
7) Commenti alla morte di Marston:
Dead? D’you mean the fellow just choked and… died?
You can call it choking if you like. He died of asphyxiation, right enough.
Versione italiana di Laura Grimaldi (2004):
Morto? Vuol dire che quel tizio si è… come strangolato ed è… spirato?
Può dire che si è strangolato, se le piace. In fin dei conti è morto per asfissia.
Versione italiana di Edoardo Erba (2014):
Morto? Vuol dire che il ragazzo si è ingozzato, è soffocato ed è… morto?
Sì, può anche chiamarlo soffocamento. In fin dei conti è morto asfissiato.

Categorie: Agatha Christie | Tag: , , , | Lascia un commento

Dieci piccoli indiani e i problemi legati al titolo

Ten Little Indians (a teatro)Le nursery rhymes di Mamma Oca sono l’ultimo testo letterario al mondo in grado di creare problemi a qualcuno. Eppure, è proprio quello che sta succedendo ai noti impresari teatrali Lee e J. J. Shubert. Al punto che nemmeno il personaggio dei fumetti Caspar Milquetoast che dà un morso a una tigre potrebbe fare più notizia in questo periodo.

Il problema deriva dal fatto che il succitato libro è alla base del titolo della pièce di Agatha Christie Dieci piccoli indiani, il melodramma mystery dell’autrice che sarà portato sul palcoscenico del National Theatre il 05 giugno. Il titolo, che si rifà al verso della filastrocca Ten little Indians standing in a line, calza alla perfezione al testo della Christie. Infatti, nel corso della pièce, otto dei suoi personaggi vengono fatti fuori, come si usa dire al giorno d’oggi, proprio come i piccoli indiani che, nella filastrocca di Mamma Oca, spariscono uno dopo l’altro.

La preoccupazione dei fratelli Shubert deriva dal rischio che il pubblico possa erroneamente pensare che, dall’oggi al domani, i due abbiano iniziato a dedicarsi al teatro per ragazzi. William Faulkner alle prese con un seguito di Amore tzigano o di Peter pan di J. M. Barrie non potrebbe risultare più inverosimile. Tuttavia, il pubblico ha le sue bizzarrie, e nessuno lo sa meglio dei due impresari teatrali.

Il titolo della pièce di Agatha Christie resterà dunque provvisorio finché non si avrà l’assoluta certezza che non ci sia una sola anima nel paese a scambiarla per una commedia per bambini. Cosa che decisamente non è.

(Il succitato articolo è tratto dal quotidiano The Evening Star, Washington D.C., 17 maggio 1944. L’autore è Jay Carmody. La traduzione è mia)

Per approfondimenti, vedesi anche l’articolo La prima teatrale italiana di Dieci poveri negretti di Agatha Christie.

Categorie: Agatha Christie, riferimenti teatrali | Tag: , , , , | 2 commenti

Dieci piccoli indiani (Ten Little Niggers)

Sintesi: Dieci persone che non si conoscono vengono invitate a Nigger Island. Una volta giunte sul posto, una voce, emessa da un grammofono, le accusa di assassinio. Al ritmo dei versi di una filastrocca per bambini, Ten Little Niggers appunto, i personaggi vengono eliminati uno alla volta fino alla rivelazione finale. Dal romanzo è stata tratta l’omonima pièce teatrale.
Curiosità: L’edizione americana, del 1940, ebbe alcuni problemi a causa della parola “niggers” (negretti) nel titolo; di conseguenza, il libro fu reintitolato …And Then There Were None. In seguito, si trovò l’ulteriore soluzione di chiamarlo Ten Little Indians.
La nursery rhyme utilizzata da Agatha Christie per eliminare, progressivamente, i personaggi della narrazione deriva da un adattamento della canzone del 1868, di Septimus Winner, Ten Little Injuns, molto nota all’epoca per l’uso che ne veniva fatto negli spettacoli di varietà in cui attori bianchi si travestivano da neri per parodiare i canti della tradizione afroamericana.
Il testo si distingue anche per il modo in cui l’autrice alterna la narrazione onnisciente in terza persona a vere e proprie incursioni nella mente dei personaggi evidenziandone paure, ossessioni e il lento precipitare nella follia:
“È Armstrong… L’ho visto che mi guardava di traverso proprio adesso… ha gli occhi folli… davvero folli… forse non è affatto un medico… Ma certo, è così!… È un pazzo scappato da qualche casa di cura, che finge di essere un dottore… È vero… Devo dirlo agli altri? Devo gridarlo?… No, non bisogna metterlo in guardia… E poi, sembra così… Che ora è?… Solo le tre e un quarto!… Oh, Dio divento pazza anch’io… Sì, è Armstrong… Mi sta fissando…” (Dieci piccoli indiani, pag. 127, traduzione di Beata Della Frattina per Mondadori, 1946)

Avevo scritto Dieci piccoli indiani perché ero rimasta affascinata dai problemi che mi poneva. Dieci persone dovevano morire senza che la cosa diventasse ridicola o l’assassino fosse troppo facilmente identificabile. Il libro, nato da una lunga fase di elaborazione, mi riempì di soddisfazione. Era chiaro, lineare e al tempo stesso sconcertante, tanto che, nonostante fosse retto da una logica ferrea, dovetti aggiungere un epilogo per spiegare come si erano svolti i fatti. Ebbe un’ottima accoglienza, sia dal pubblico sia dalla critica, ma la più felice di tutti ero io, perché sapevo la fatica che mi era costato.
(Agatha Christie, La mia vita, traduzione di Maria Giulia Castagnone, Mondadori, 1978, pagg. 552-553)

And then there were none - René ClairRiferimenti intertestuali:

1) Riferimento alla Sacra Bibbia, Salmo 9:15-17 (The heathen are sunk down in the pit that they made: in the net which they hid is their own foot taken. The Lord is known by the judgment which he executeth. The wicked shall be turned into hell, and all the nations that forget God):
Nella sua camera, Emily Brent, vestita di seta nera per la cena, leggeva la Bibbia. Le sue labbra si muovevano leggermente mentre seguiva con gli occhi le parole: Gli infedeli cadono nella trappola che hanno preparato, nella rete che loro stessi nascosero è preso il loro piede. Si riconosce il Signore dalla sua condanna. I malvagi saranno gettati nell’inferno.
(pag. 35, traduzione di Beata Della Frattina per Mondadori, 1946)

2) Riferimento alla raccolta Schwanengesang (Il canto del cigno) di Franz Schubert (1797-1828) che qui viene utilizzata anche nel significato metaforico di “ultimo segno di vitalità”:
Rogers disse: “È la verità, signore. Lo giuro davanti a Dio. Non sapevo di che cosa si trattasse, non l’ho mai saputo. C’era un titolo sul disco… credevo che fosse un pezzo di musica”.
Wargrave guardò Lombard. “C’è davvero un titolo?”. Lombard annuì. A un tratto sorrise, mostrando i bianchi denti affilati. “Proprio così, signore. Il canto del cigno…”.
(pag. 41, traduzione di Beata Della Frattina per Mondadori, 1946)

Ten Little Injuns3) Riferimento alla Sacra Bibbia, Libro dei Numeri 32:23 (But if you will not do so, behold, you have sinned against the Lord, and be sure your sin will find you out):
La signorina Brent mormorò: “Rammento un motto che stava esposto nella mia camera, quando ero bambina: “La tua stessa colpa ti farà scoprire”. Ed è verissimo. La tua stessa colpa ti farà scoprire”.
(pag. 71, traduzione di Beata Della Frattina per Mondadori, 1946)

4) Riferimento alla Sacra Bibbia, Salmo 91:5 (You will not be afraid of the terror by night, Or of the arrow that flies by day):
Non conoscerai il terrore di notte, né la freccia che scocca di giorno…”. Era giorno, adesso: non c’era terrore. “Nessuno di noi lascerà quest’isola”. Chi l’aveva detto? Ma certo, il generale Macarthur, che aveva un cugino sposato con Elsie MacPherson. Sembrava che il suo destino non lo interessasse. Anzi, era parso contento all’idea di morire. Malvagio! Un sentimento simile era sacrilego. Certa gente dà così poco valore alla vita che finisce per togliersela.
(pag. 117, traduzione di Beata Della Frattina per Mondadori, 1946)

Mi ritornò in mente una poesia della mia infanzia: la filastrocca dei dieci poveri negretti. Fin da bambino, mi aveva affascinato, con quella sua inesorabile sottrazione, quel senso di inevitabile.

Categorie: Agatha Christie, riferimenti letterari | Tag: , , , , | 1 commento

Crea un sito o un blog gratuito su WordPress.com.