riferimenti teatrali

Agatha Christie Akhenaton

Il presente articolo è tratto dal quotidiano La Stampa, 13 febbraio 1980. L’autrice è Gaia Servadio.

AkhenatonNotte buia di pioggia fredda a Londra; davanti al Teatro Fountain Abbey, misteriosamente, non c’è una segnalazione che possa illuminare il passante perduto. Si entra in un oscuro corridoio, su per scale misteriose: ed eccoci finalmente nella cornice perfetta per la prima mondiale di una pièce che Agatha Christie scrisse nel 1937 e pubblicò solo nel 1973.

Una novità in tutti i sensi perché, anche se un paio di avvelenamenti giustificano l’interesse della famosa scrittrice di gialli a un soggetto a lei tanto alieno, in questo testo non ci sono misteri da svelare. Anzi. La storia del faraone monoteista del XIII secolo a.C. è portata avanti il più fedelmente possibile per quanto si sapeva dello stravagante e geniale faraone Akhenaton nel 1937, ed allora se ne sapeva ancora meno di oggi.

Recentemente l’interesse per il periodo Amarniano è cresciuto anche per recenti “rivelazioni” archeologiche. Il testo di Agatha Christie è disseminato da educate allusioni all’omosessualità di Akhenaton, allora supposta ed oggi più o meno storicamente stabilita. E sul palcoscenico prende carne questo straordinario faraone che anticipò il monoteismo con il suo messaggio di pace e amore, con la sua “fissazione” di essere il figlio di Aton, dio unico, dio del sole, dio del bene.

Agatha Christie si invaghì del meraviglioso Akhenaton in uno dei suoi molti viaggi in Egitto, viaggi che faceva con il secondo marito, l’archeologo ed egittologo Max Mallowan. Erano andati ad Amarna, la capitale fondata dal faraone che si era allontanato da Tebe. Come è noto era Akhenaton l’autore del bellissimo cantico dei cantici della Bibbia, e Sir Max fu uno degli egittologi che trascrisse i brani rimasti nelle famose grotte sopra ad Amarna.

Agatha Christie non voleva che questo suo testo fosse messo in scena: era lunghissimo ed ha pretese letterarie e filosofiche: in questo allestimento è stato ridotto a due ore e le centinaia di attori sono diventati sette.

In scena Akhenaton (Anthony Homyer) non è la bella creatura allampanata dalle labbra carnose che conosciamo ma un Cristo dai capelli lunghi e neri che porta vestiti pochissimo regali. Anche sua moglie Nefertiti (Jane Holstead) è un po’ donna di casa, benché si muova come un geroglifico egizio. Gli è fedele, poveretta, nonostante l’amore che il regal consorte prova per il capitano Horemheb (Andrew King). La cattiva – traditrice – avvelenatrice è la sorella di Nefertiti, Nezecemut (Nicola Walker); il perfido sacerdote di Aton (Robin Forster) è l’attore più credibile, con un cranio alla Yul Brinner e un trucco da terracotta del medio impero.

AkhenatonNaturalmente sulla scena abbiamo anche il giovane Tutankhamon (Ricardo Pinto), genero di Akhenaton (ma dove sono le figlie?) ben contento di tradire il suocero per prendere il suo posto. Ma il sacerdote di Aton ci fa capire che, dopo aver servito al suo scopo, Tutankhamon verrà avvelenato. Horemheb sarà un migliore faraone per difendere l’Egitto e sopprimere le rivolte.

Un racconto tanto affascinante come quello del faraone che diede vita a una scuola di pittura e di scultura che oggi potremmo definire manierista non può annoiare. La regia di James Gillhouley è eccessivamente scarna e i costumi che avrebbero dovuto rievocare una particolare atmosfera e sottolineare la scuola di Amarna, un po’ troppo “fatti in casa”.

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Something’s Afoot: la parodia musicale di Dieci piccoli indiani

Something's Afoot (locandina)Il presente articolo è tratto dal volume Blood on the Stage, 1950-1975: Milestone Plays of Crime, Mystery, and Detection, Scarecrow Press, 2011, pp. 576-578. L’autore è Amnon Kabatchnik. La traduzione è mia.

Something’s Afoot, parodia musicale in stile giallo, trae ispirazione dai Dieci piccoli indiani di Agatha Christie per gli imbrogli della sua trama e le frecciatine farsesche.

Siamo nella tarda primavera del 1935. La storia si svolge nella tenuta di campagna di Lord Dudley Rancour, situata in un’isola al centro di un lago, in una zona imprecisata dell’Inghilterra. L’ingresso della dimora è peculiare, con molte porte che consentono entrate e uscite repentine. Sette ospiti sono stati invitati per trascorrere un weekend in allegria, e tutti insieme costituiscono un variegato gruppo di personaggi: Hope Langdon, l’ingenua; Geoffrey, il giovanotto; il Dottor Grayburn, medico di famiglia; Nigel Rancour, il nipote pecora nera; Lady Grace Manley-Prowe, la gran signora; il Colonnello Gilleweather, ex militare; Miss Tweed, un’anziana detective dilettante. La servitù è formata da Lettie, la cameriera impertinente; Flint, il burbero custode e Clive, lo scontroso maggiordomo. L’ospite, proprio come U.N. Owen in Dieci piccoli indiani, non si presenta.

Gli invitati, uno dopo l’altro, arrivano, cantilenando la speranza di trascorrere un “meraviglioso, corroborante, stupendo, stimolante… totalmente esasperante weekend!”. Il maggiordomo Clive annuncia che si sta avvicinando una brutta tempesta di fulmini e che l’innalzamento del livello delle acque del lago rende impossibile l’accesso al ponte per raggiungere la terraferma.

Il gradino della scala sul quale si trova Clive esplode, uccidendolo. Le signore, ovviamente, svengono. Dopo essersi riprese si uniscono agli uomini per cantare tutti insieme: “Sta per succedere qualcosa… Qualcosa di molto spaventoso… E il colpevole non è il maggiordomo!”.

Accompagnato dal frastuono della tempesta e dei fulmini, il gruppo di isolati, che si scoprono essere in un modo o nell’altro intimamente legati tra loro, si riduce progressivamente di numero grazie a meccanismi diabolicamente architettati: il Dottor Grayburn finisce asfissiato dal gas rilasciato dalla cornetta del telefono; Lady Manley-Prowe cade fulminata dopo aver toccato l’interruttore della luce; il nipote Nigel viene colpito alla testa e steso da un’applique collocata sul palo delle scale; il dardo avvelenato di una cerbottana colpisce il collo del Colonnello Gilleweather; Lettie, la cameriera, è risucchiata all’interno di un antico vaso Ming di un metro e mezzo e divorata da un serpente; Flint, il custode, salta in aria in cucina mentre accende la pipa.

Something's Afoot (una scena)

La Signorina Tweed sussurra a Geoffrey e a Hope di aver scoperto l’identità del killer. Come lei stessa dichiara, le sue doti deduttive sono dovute alla lettura dei libri gialli di Agatha Christie, Sir Arthur Conan Doyle, Mary Roberts Rinehart, Wilkie Collins ed Erle Stanley Gardner. E soprattutto al Mastino dei Baskerville, al Dottor Watson, a Roger Ackroyd, al Tredicesimo invitato, ai romanzi Seven Keys to Baldpate e Morte sul castello di poppa, al dramma teatrale The Bat, e al Riccardo II e III di William Shakespeare. Ma mentre la Signorina Tweed annuncia trionfalmente: “L’assassino è…”, un arpone serra rapidamente la sua sciarpa finché non resta strangolata.

Gli unici due sopravvissuti ora sospettano l’uno dell’altra. Tuttavia, una registrazione del grammofono rivela che l’ospite, Dudley Rancour, ha manipolato i dispositivi letali per svariate ragioni di vendetta e poi si è tolto la vita. Hope e Geoffrey brindano: “Il nuovo giorno che aspettavamo”. Mentre la luce del sole invade la stanza e si sentono gli uccellini cinguettare, i due giovani amanti soccombono a causa di un narcotico nel vino. E non ne rimase più nessuno.

Something’s Afoot iniziò il suo percorso verso Broadway all’Alliance Theatre di Atlanta, Georgia (1972); si fece le ossa alla Goodspeed Opera House, East Haddam, Connecticut (1973); si scaldò un po’ all’American Theatre, Washington D.C. (1973); prese forma grazie all’American Conservatory Theatre, San Francisco (1974) e fu presentata all’Huntington Hartford Theatre di Los Angeles (1975). Diretta e coreografata da Tony Tanner, con scenografie di Richard Seger, il pastiche fu allestito al Lyceum Theatre il 27 maggio del 1976. Una nota sul programma riportava questa richiesta: “Per il divertimento dei futuri spettatori, vi saremmo grati se evitaste di rivelare il finale della pièce”.

La critica rispettò la nota ma si divise in due nette fazioni nel giudizio sullo spettacolo. Clive Barnes dichiarò che la musica era pessima e le parole maldestre: “leziosaggini stiracchiate al punto da risultare tanto fastidiose quasi quanto ridicole”. Christopher Sharp, invece, affermò che lo spettacolo funzionava così bene grazie alla miscela di parole e musica di Robert Gerlach e David Vos. Douglas Watt definì Something’s Afoot “un musical campy giallo il cui scenario esplosivo mette in ombra libri, canzoni e attori”, ma Martin Gottfried trovò lo spettacolo “divertente e avvincente, corroborante nell’originalità dell’idea e la modestia della durata”. T. E. Kalen si complimentò con Tessie O’Shea per la sua interpretazione di Miss Tweed paragonandola a una Margaret Rutherford tornata meravigliosamente in vita. Tuttavia, il critico televisivo Leonard Probst schernì l’attrice britannica per il suo “agitarsi, scuotersi e farsi pure i complimenti”.

Something’s Afoot andò in scena a New York per sessantuno sere e poi fu allestita all’Ambassadors Theatre di Londra dove raggiunse le duecentotrentadue repliche.

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Agatha Christie sotto pseudonimo: Il deserto del cuore (Absent in the Spring)

Pubblicato nel 1944, e appartenente alla serie di sei volumi composti da Agatha Christie sotto lo pseudonimo di Mary Westmacott, Il deserto del cuore (Absent in the Spring) è un libro fuori dall’ordinario.

Non si tratta di un romanzo giallo e nemmeno di un romanzo d’amore, anche se alcuni insistono nel definirlo tale, ma piuttosto andrebbe classificato come un tentativo dell’autrice di scrivere una storia d’introspezione.

Realizzato in soli tre giorni, perché Agatha Christie sentiva l’urgenza di mettere su carta il suo impulso creativo (vedesi La mia vita, Mondadori Editore, Milano 1978, pp.585-586), il volume ha per protagonista Joan Scudamore, donna di mezza età che, con suo massimo orgoglio, dimostra a malapena trent’anni. Non è arrogante né vanitosa, ma ha un’opinione talmente alta di sé da comportarsi come se avesse un velo perennemente calato davanti agli occhi. È convinta di essersi costruita un’esistenza felice e di aver assicurato la medesima felicità al marito e ai tre figli. Si sente in dovere di giudicare gli altri e non perde occasione di compatire amiche o conoscenti quando ritiene che conducano una vita triste e squallida. Sennonché, all’improvviso, le sue convinzioni iniziano a vacillare quando si ritrova sola e isolata, per una settimana, in una rest house nel deserto durante un viaggio di ritorno da Baghdad a Londra dopo essere andata a trovare la figlia minore. Man mano che la protagonista compone il suo puzzle fatto di ricordi e di situazioni apparentemente insignificanti, agli occhi del lettore si palesa l’amara verità: il quadretto idilliaco è in realtà fasullo e ogni membro della famiglia, per citare, Tolstoj, è infelice a modo suo.

Questo ritratto di donna, scritto certamente in uno stile meno impegnato rispetto alle opere più note di Agatha Christie, porta in superficie quel disagio che ognuno di noi prova quando, per diverse ragioni, viene spinto a mettere in discussione la frenesia della quotidianità e d’improvviso si chiede qual è l’opinione che gli altri hanno di lui e se certi suoi comportamenti non hanno forse causato l’infelicità di altri.

È forse il romanzo della scrittrice in cui si respira maggiormente un’aria shakespeariana, anche per i riferimenti ai sonetti e alle opere dell’autore.

Il deserto del cuore (Absent in the Spring)Curiosità:
1)
Il titolo originale si riferisce al verso iniziale del Sonetto 98 di William Shakespeare: (From you have I been absent in the spring,/When proud-pied April, dressed in all his trim,/Hath put a spirit of youth in everything,/That heavy Saturn laughed and leaped with him): In primavera fui da te lontano/quando il leggiadro Aprile, tutto vestito a festa,/suscitava in ogni cosa un tale brio di gioventù/che rideva anche Saturno e con lui danzava.

2) Il romanzo contiene un riferimento al Cimbelino di William Shakespeare poi ripreso, identico, dalla romanziera P.D. James nel suo romanzo Morte sul fiume (1994).

Riferimenti intertestuali:

1) Riferimento al romanzo di John Buchan (1875-1940) La centrale elettrica (The Power-House, 1916):
Passò in rassegna i libri che aveva con sé: Lady Catherine, naturalmente. E un romanzo giallo che William le aveva dato all’ultimo momento. Gentile da parte sua, ma lei non era una lettrice di romanzi polizieschi. E poi, La centrale elettrica di Buchan, un libro molto vecchio, che lei aveva già letto anni prima.
(pag. 41, traduzione di Hilia Brinis per Mondadori, Milano 2010)

2) Riferimento al soliloquio di Porzia nell’atto IV, scena prima, del Mercante di Venezia di William Shakespeare (The quality of mercy is not strained; It droppeth as the gentle rain from heaven):
Un tempo conosceva una quantità di poesie a memoria: La clemenza ha questa qualità, non è forzata; scende come pioggerella dal cielo…
(pag. 65, traduzione di Hilia Brinis per Mondadori, Milano 2010)

3) Riferimento al Cimbelino di William Shakesepare, atto IV, scena seconda, battuta di Guiderio (Fear no more the heat o’ the sun,/Nor the furious winter’s rages;/Thou thy worldly task hast done,/Home art gone, and ta’en thy wages:/Golden lads and girls all must,/As chimney-sweepers, come to dust):
Non ti spaventerà più la canicola… Quei versi cominciavano in modo confortante, se non altro! Già, ma il resto com’era?… la furia scatenata dell’inverno, la tua missione terrena è finita, il tuo compenso è nella casa eterna. Tutti i ragazzi d’oro e le fanciulle tenere come spazzacamini, devon finire in cenere.
(pag. 65, traduzione di Hilia Brinis per Mondadori, Milano 2010)

Il deserto del cuore (Absent in the Spring)4) Riferimento al Sonetto 116 di William Shakespeare (Let me not to the marriage of true minds/Admit impediments. Love is not love/Which alters when it alteration finds,/Or bends with the remover to remove./O no! it is an ever-fixed mark/That looks on tempests and is never shaken;/It is the star to every wand’ring bark,/Whose worth’s unknown, although his height be taken./Love’s not Time’s fool, though rosy lips and cheeks/Within his bending sickle’s compass come;/Love alters not with his brief hours and weeks,/But bears it out even to the edge of doom./If this be error and upon me prov’d,/I never writ, nor no man ever lov’d):
E, dopo un attimo di pausa, aveva recitato: Non sia mai ch’io metta impedimenti al matrimonio/di due anime fedeli; amore non è amore/se muta quando nell’altro scorge mutamenti,/o se tende a recedere quando l’altro si allontana./Oh, no! Esso è termine fisso/che domina le tempeste e non vacilla mai;/esso è la stella di ogni sperduta barca,/il cui potere è ignoto, pur se ne misuriamo l’elevatezza./Amore non soggiace al Tempo, anche se labbra/e rosee guance cadranno sotto la sua arcuata falce./Amore non muta in brevi ore e settimane,/ma impavido resiste sino al giorno del Giudizio./Se questo è errore, e sarà contro me provato,/allora io non ho mai scritto, e mai nessuno ha amato.
(pag. 66, traduzione di Hilia Brinis per Mondadori, Milano 2010)

5) Riferimento a un verso del Sonetto 18 di William Shakespeare (Rough winds do shake the darling buds of May, And summer’s lease hath all too short a date…):
Allora lui aveva sorriso, come tornando in sé. “Ah, sì?”, poi si era alzato ed era uscito dalla stanza mormorando: Impetuosi venti scuotono le tenere gemme di maggio, e il corso dell’estate è fin troppo breve.
(pag. 66, traduzione di Hilia Brinis per Mondadori, Milano 2010)

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Dieci piccoli indiani e i problemi legati al titolo

Ten Little Indians (a teatro)Le nursery rhymes di Mamma Oca sono l’ultimo testo letterario al mondo in grado di creare problemi a qualcuno. Eppure, è proprio quello che sta succedendo ai noti impresari teatrali Lee e J. J. Shubert. Al punto che nemmeno il personaggio dei fumetti Caspar Milquetoast che dà un morso a una tigre potrebbe fare più notizia in questo periodo.

Il problema deriva dal fatto che il succitato libro è alla base del titolo della pièce di Agatha Christie Dieci piccoli indiani, il melodramma mystery dell’autrice che sarà portato sul palcoscenico del National Theatre il 05 giugno. Il titolo, che si rifà al verso della filastrocca Ten little Indians standing in a line, calza alla perfezione al testo della Christie. Infatti, nel corso della pièce, otto dei suoi personaggi vengono fatti fuori, come si usa dire al giorno d’oggi, proprio come i piccoli indiani che, nella filastrocca di Mamma Oca, spariscono uno dopo l’altro.

La preoccupazione dei fratelli Shubert deriva dal rischio che il pubblico possa erroneamente pensare che, dall’oggi al domani, i due abbiano iniziato a dedicarsi al teatro per ragazzi. William Faulkner alle prese con un seguito di Amore tzigano o di Peter pan di J. M. Barrie non potrebbe risultare più inverosimile. Tuttavia, il pubblico ha le sue bizzarrie, e nessuno lo sa meglio dei due impresari teatrali.

Il titolo della pièce di Agatha Christie resterà dunque provvisorio finché non si avrà l’assoluta certezza che non ci sia una sola anima nel paese a scambiarla per una commedia per bambini. Cosa che decisamente non è.

(Il succitato articolo è tratto dal quotidiano The Evening Star, Washington D.C., 17 maggio 1944. L’autore è Jay Carmody. La traduzione è mia)

Per approfondimenti, vedesi anche l’articolo La prima teatrale italiana di Dieci poveri negretti di Agatha Christie.

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L’uomo vestito di marrone (The man in the brown suit)

Sintesi: La giovane Ann Beddingfeld, figlia di uno dei più emeriti studiosi di storia delle origini dell’uomo e orfana di madre, si ritrova improvvisamente sola quando il padre muore di polmonite doppia lasciandola con un misero patrimonio di ottanta sterline e spiccioli. L’avvocato di famiglia, Henry Flemming, invita Ann a trasferirsi a Londra, da lui e dalla moglie, nella speranza di aiutarla a trovare un lavoro. Qualche tempo dopo, mentre si trova alla stazione della metropolitana, Ann viene attratta da un uomo, il cui cappotto puzza di naftalina, che in seguito finisce lungo disteso sui binari. A soccorrerlo, arriva una seconda persona che si spaccia per medico e che, una volta constatato il decesso, fugge via perdendo un biglietto contenente data e ora di partenza di un piroscafo. Il giorno seguente, il giornale riporta la notizia del rinvenimento, in una villa disabitata di proprietà di Sir Eustace Pedler, del cadavere di una donna che sembra essere in qualche modo collegata al morto della metropolitana. Ann, improvvisandosi detective, decide di salire sul piroscafo citato nel biglietto nel tentativo di svelare l’enigma.
È un romanzo di spionaggio narrato con una buona dose di ironia.

L'uomo vestito di marroneCuriosità e notizie storiche:
1)
La narrazione in prima persona da parte della protagonista si alterna con gli estratti del diario di Sir Eustace Pedler, anch’essi narrati in prima persona, creando un interessante gioco a incastro. Il prologo, invece, è raccontato da un narratore onnisciente in terza persona.
2) Agatha Christie stessa, nel volume La mia vita, spiega l’origine del libro: “Una sera, che eravamo a cena da Belcher, prima di partire per il nostro viaggio, questi aveva insistito perché ambientassi un romanzo in casa sua. La casa, situata a Dorney, si chiamava Mill House. “Il mistero della Mill House”, aveva detto. “Niente male come titolo, vero?”. […] Gli promisi che ci avrei pensato. Durante il viaggio Belcher era tornato più volte sull’argomento. “Ricordati, però, che se lo scrivi, voglio che tu metta dentro anche me”. […] Durante il soggiorno sudafricano avevo abbozzato la trama del libro, che vedevo più simile a un thriller che a un vero e proprio romanzo poliziesco, e di cui molte scene erano ambientate in Sudafrica. […] Dopo aver buttato giù un paio di capitoli, mi accorsi che il personaggio di Belcher non riusciva a prender vita. […] Poi, d’un tratto, mi venne un’idea; avrei scritto il libro in prima persona, facendo parlare alternamente l’eroina, Ann, e il malvagio, Belcher. […] Seguendo il consiglio di Archie, battezzai il personaggio Sir Eustace Pedler e mi resi conto che se scrivevo il romanzo in prima persona questi diventava credibile e vivo. (Agatha Christie, La mia vita, Mondadori, Milano 1978, traduzione di Maria Giulia Castagnone, pp. 364-365).
3) Il romanzo, dapprima intitolato Il mistero della Mill House, fu pubblicato a puntate sul The Evening News. Il titolo fu modificato in Anna the Adventuress, e anche se Agatha Christie lo trovava insulso, non oppose alcuna obiezione poiché glielo pagarono cinquecento sterline (Cfr. Agatha Christie, op. cit., p. 375).
4) Secondo lo studioso Julius Green, che ha avuto la possibilità di visionare l’archivio dell’autrice, nel periodo di composizione del libro Agatha Christie stava realizzando un adattamento per il teatro (mai andato in scena) del romanzo The Exploits of Elaine di Arthur B. Reeve. L’adattamento era intitolato The Clutching Hand e narrava la storia di una giovane eroina impegnata a sgominare una banda di criminali. È quindi probabile che la stesura de L’uomo vestito di marrone sia stata influenzata anche da questi elementi oltre che dal suggerimento datole dall’amico Belcher (Cfr. Julius Green, Curtain Up, Agatha Christie: A Life in the Theatre, HarperCollins, London 2015, pp. 62-64).
5) L’eroina uscita dalla penna di Agatha Christie è una fan di The Perils of Pamela, riferimento, neanche tanto implicito, a un serial in venti episodi del 1914 intitolato The Perils of Pauline la cui protagonista è una ragazza desiderosa di condurre una vita avventurosa (nella versione italiana il riferimento viene omesso, come molti passaggi riguardanti l’Italia e gli italiani)
6) È il primo romanzo in cui compare il Colonnello Race, gli altri sono Carte in tavola (1936), Poirot sul Nilo (1937) e Giorno dei morti (1945). Il personaggio viene ricordato per l’interpretazione che ne diede David Niven nella pellicola Assassinio sul Nilo del 1978.
7) Una fan di Agatha Christie, di origine polacca, un giorno le scrisse una lettera in cui le spiegava l’importanza che aveva avuto per lei la lettura de L’uomo vestito di marrone. Durante la guerra, fu portata in un campo di lavoro tedesco dove scambiò un pezzo di candela con il libro, donatole da una sua compagna di prigionia di origine jugoslava. Per sette mesi, lesse solo quello imparandolo a memoria, ma ignorando il nome dell’autore perché mancavano le prime pagine. Quel libro fu per lei il suo unico contatto con un mondo normale.

Lettera fan Agatha Christie

Il copyright della lettera appartiene alla Agatha Christie Ltd.

Altre lettere indirizzate ad Agatha Christie dai lettori, o a cui lei rispose, sono visionabili qui (solo in inglese): https://www.culture24.org.uk/history-and-heritage/literary-history/art520349-family-of-agatha-christie-reveal-fan-letters-author-replied-to-in-author-125th-birthday-year

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Un messaggio dagli spiriti (The Sittaford Mystery)

Sintesi: A Sittaford House, durante una seduta spiritica organizzata per gioco, uno “spirito” informa i partecipanti che il Capitano Trevelyan, proprietario della dimora, è appena stato assassinato. Il Maggiore Burnaby, amico del Capitano, temendo per l’incolumità dell’uomo, decide di recarsi nella sua attuale residenza, poco distante da lì, per verificare che sia ancora vivo. Al suo arrivo, scopre che l’uomo è stato assassinato proprio come diceva lo “spirito”. Poiché nel testamento l’uomo lasciava tutto in eredità alla sorella e ai nipoti, e solo uno dei nipoti, James Pearson, si trovava sul posto al momento del crimine, la polizia arresta immediatamente quest’ultimo. La sua fidanzata, Emily Trefusis, decisa a dimostrarne l’innocenza, si mette a indagare.

Un messaggio dagli spiritiCuriosità:
1) È il primo romanzo di Agatha Christie a occuparsi di eventi apparentemente sovrannaturali. A esso farà seguito la serie di racconti del 1933 Il segugio della morte in cui, a parte in Testimone d’accusa, l’autrice si divertirà ad approfondire ulteriormente la tematica con storie incentrate su chiaroveggenza, premonizione, possessione, precognizione, fantasmi, psicofonia, pseudoinfestazione e viaggi in astrale. La stregoneria farà, invece, capolino nei romanzi È troppo facile, del 1939, e Un cavallo per la strega, del 1961.
2) L’opera presenta una struttura che, per ambientazione e personaggi, sembra in parte ricordare Il mastino dei Baskerville (1902) di Sir Arthur Conan Doyle.
3) Il romanzo è narrato in terza persona. I primi dieci capitoli sono incentrati soprattutto sulle indagini dell’ispettore Narracott, mentre dal capitolo undici in poi è quasi sempre Emily Trefusis a indagare coadiuvata da Charles Enderby. Emily e Charles sono anche gli unici personaggi di cui, a volte, è possibile udire i pensieri.
4) Quando nel dicembre 1926 la scrittrice scomparve, fu proprio Sir Arthur Conan Doyle a portare uno dei suoi guanti da una medium nella speranza che potesse fornire informazioni in merito. Poiché Un messaggio dagli spiriti è del 1931, è probabile che l’episodio ne abbia in qualche modo influenzato la stesura.

Per approfondire il rapporto di Agatha Christie con il paranormale può essere interessante leggere il volume Testimoni del mistero, di Pier Carpi, pubblicato da Rusconi nel 1979.

Riferimenti intertestuali:
1) Riferimento a Sir Oliver Lodge (1851-1940), esperto conoscitore delle onde elettromagnetiche e parapsicologo, e a Sir Arthur Conan Doyle (1859-1930), noto anche per la sua passione per lo spiritismo:
“Anche la faccenda della seduta spiritica è strana”, aggiunse poi. “Stavo pensando di scrivere qualcosa a questo proposito per il giornale. Per esempio potrei sentire cosa ne pensano Sir Oliver Lodge e Sir Arthur Conan Doyle o magari qualche attrice o qualche altra persona”.
(pag. 83, traduzione di Grazia Maria Griffini per Mondadori, 1984)

2) Riferimento ad Alice nel paese delle meraviglie (1865) di Lewis Carroll (1832-1898) e nello specifico ai personaggi dei gemelli Tweedledum e Tweedledee che in realtà compaiono in Alice attraverso lo specchio (1871):
Completati i preparativi del proprio abbigliamento, che lo faceva assomigliare stranamente a uno dei due tondi e paffuti gemelli di Alice nel paese delle meraviglie, uscì di nascosto dalla villetta.
(pag. 168, traduzione di Grazia Maria Griffini per Mondadori, 1984)

Un messaggio dagli spiriti3) Riferimento al dramma musicale Tristano e Isotta (1865) di Richard Wagner (1813-1883):
Robert Gardner era sdraiato su un divano vicino alla finestra in una grande stanza del primo piano. Era un uomo alto e robusto, con gli occhi azzurri e i capelli biondi.
A Emily sembrò che somigliasse a Tristano, come si presenta nel terzo atto del Tristano e Isotta ma… certo che nessun tenore wagneriano aveva mai avuto un aspetto così bello!
(pag. 193, traduzione di Grazia Maria Griffini per Mondadori, 1984)

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Non c’è più scampo (Murder in Mesopotamia)

Sintesi: In Iraq, l’infermiera Amy Leatheran (io narrante del libro) viene assunta dall’archeologo Eric Leidner per occuparsi della moglie Louise. Poco tempo dopo, la moglie di Leidner viene trovata morta in seguito a un colpo alla testa. Il Capitano Maitland, coadiuvato dal Dottor Reilly, cerca di capire come può essere stato perpetrato l’omicidio e arriva alla conclusione che il responsabile dev’essere qualcuno all’interno della casa perché la finestra era chiusa; tuttavia, poiché Hercule Poirot, amico di Reilly, si trova in Iraq, quest’ultimo decide di chiedere il suo intervento. Si viene così a sapere che la signora Leidner aveva contratto un primo matrimonio con un uomo che era stato una spia tedesca e che tutti davano per morto dopo un incidente ferroviario. La certezza della sua morte, però, non è mai stata appurata. Partendo da questo, Poirot arriverà alla soluzione.

Curiosità:
1) Alla fine del romanzo, Poirot lascia la Mesopotamia giusto in tempo per trovarsi implicato in Assassinio sull’Orient Express. Anche se Non c’è più scampo è successivo, infatti, gli eventi in esso narrati sono precedenti a quell’avventura.
2) Poiché Agatha Christie era una grande appassionata di delitti in stanze chiuse, questo romanzo replica in parte la struttura del Mistero della camera gialla (1907) di Gaston Leroux. Lo stesso testo è stato fonte di ispirazione anche per il romanzo Aiuto, Poirot! (1923) (vedesi, a questo proposito, Agatha Christie, La mia vita, traduzione di Maria Giulia Castagnone per Mondadori, pag. 330).
3) Il titolo italiano si riferisce a una frase contenuta nelle lettere minatorie ricevute dalla Signora Leidner prima di essere assassinata.

Non c'è più scampo (Murder in Mesopotamia)Riferimenti intertestuali:
1) Riferimento al personaggio di Sherlock Holmes creato da Sir Arthur Conan Doyle (1859-1930). In questo caso, Agatha Christie coglie l’occasione per un paragone, ben poco lusinghiero, tra lui e Hercule Poirot:
Non so come me lo fossi immaginato… qualcosa sul tipo di Sherlock Holmes, credo; alto, snello, con la faccia acuta e intelligente. Invece! Quando me lo sono trovato davanti per poco non scoppiavo a ridergli in faccia. Sembrava una macchietta. Alto poco più di un metro e mezzo, grassoccio, anziano, con un enorme paio di baffi e una testa d’uovo! Un parrucchiere da farsa, ecco!
(pag. 76, traduzione di Enrico Piceni per Mondadori, 1938)

2) Riferimento a una serie di opere letterarie reali (Agatha Christie ama molto citare titoli di libri all’interno dei suoi romanzi o racconti e, spesso, inventarseli di sana pianta. Cosa che in questo caso non avviene). Who Were the Greeks? (1930) è un testo dell’archeologo britannico Sir John Linton Myres; Life of Lady Hester Stanhope si riferisce all’opera The life and letters of Lady Hester Stanhope pubblicata nel 1914 e composta da Catherine Lucy Wilhelmina Powlett Cleveland; Back to Methuselah è un testo scritto dal drammaturgo George Bernard Shaw tra il 1918 e il 1920 e composto da una prefazione e cinque pièces; Linda Condon è un romanzo dell’americano Joseph Hergesheimer risalente al 1919; Crewe Train è un romanzo del 1926 di Rose Macaulay. Da notare che tutte queste opere hanno a che fare con l’archeologia o con eroine atipiche, esattamente come il personaggio di Louise Leidner protagonista del romanzo della Christie:
Rimise a posto il ritratto e osservò il servizio da toeletta, semplice ma bello, in tartaruga. Poi guardò una fila di volumi fra due reggilibri, e ne lesse forte i titoli: Chi erano i greci?, Introduzione al relativismo, Vita di Lady Hester Stanhope, Torniamo a Matusalemme, Linda Condon, Il convoglio.
(pag. 107, traduzione di Enrico Piceni per Mondadori, 1938)

Non c'è più scampo (Murder in Mesopotamia)3) Riferimento al personaggio di Jago dell’Otello di William Shakespeare:
“Per questo la odio: perché lei si divertiva ad aizzare la gente, a suscitare passioni e liti ma senza mai esservi coinvolta. Una specie di Jago femmina, una maligna spettatrice. Capite quel che voglio dire?”.
(pag. 117, traduzione di Enrico Piceni per Mondadori, 1938)

4) Riferimento alla ballata di John Keats La Belle Dame sans Merci (1819):
“Naturalmente le seccava che una donna, anziana secondo il suo punto di vista e che già aveva pescato due mariti, venisse a cacciare nella sua riserva. Sheila è una ragazza attraente e piena di salute, ma la signora Leidner era qualcosa fuori dell’ordinario, aveva un fascino un po’ misterioso… una specie di Belle dame sans merci!
(pag. 121, traduzione di Enrico Piceni per Mondadori, 1938)

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Macabro quiz (Cat Among the Pigeons)

Sintesi: Nel collegio di Meadowbank, frequentato da ragazze appartenenti all’alta borghesia inglese e non solo, l’anno scolastico procede nel migliore dei modi finché non viene rinvenuto il cadavere di un’insegnante di sport. A questo omicidio ne segue ben presto un altro, riguardante una seconda insegnante, mentre una delle ragazze viene misteriosamente rapita. Julia Upjohn, allieva della scuola, decide di recarsi da Poirot per spiegargli l’accaduto e per mostrargli anche le pietre preziose che ha rinvenuto in una racchetta. L’investigatore, incuriosito dal caso e piacevolmente sorpreso dall’intraprendenza della ragazzina, aiuterà l’ispettore Kelsey a individuare il responsabile.

Curiosità:
1) Il titolo originale si riferisce alla locuzione idiomatica inglese to throw/to set/to put a cat among the pigeons, ovvero scatenare un putiferio come quello che si crea quando si mette un gatto in una colombaia.
2) L’immaginario collegio di Meadowbank richiama il collegio Caledonia a Bexhill-on-Sea, a suo tempo frequentato dalla figlia di Agatha Christie, Rosalind.
3) Il libro presenta la classica struttura con narratore onnisciente in terza persona eccezion fatta per il capitolo 5 che assume la forma del romanzo epistolare.
4) Nel capitolo 13 del romanzo originale, durante uno scambio di battute tra le protagoniste, viene citata l’attrice inglese Joyce Grenfell nota per aver interpretato la serie di film ambientata nella scuola di St Trinian (The Belles of St Trinian’s (1954), Blue Murder at St Trinian’s (1957), The Pure Hell of St Trinian’s (1960)) a cui Agatha Christie si sarebbe in parte ispirata. Nella traduzione italiana, le battute, che riporto qui di seguito, vengono completamente omesse.

‘Look at Vansittart doing her stuff.’
‘Terribly gracious, isn’t she?’ said Jennifer.
‘I don’t know why,’ said Julia, ‘but somehow it makes me want to laugh. It’s a sort of copy of Miss Bulstrode, isn’t it? Quite a good copy, but it’s rather like Joyce Grenfell or someone doing an imitation.’
‘There’s Pam’s mother,’ said Jennifer. ‘She’s brought the little boys. How they can all get into that tiny Morris Minor I don’t know.’
‘They’re going to have a picnic,’ said Julia. ‘Look at all the baskets.’

Macabro quiz (Cat Among the Pigeons)Riferimenti intertestuali:
1)
Riferimento ai personaggi di Giulietta e di Desdemona di Romeo e Giulietta e Otello di Shakespeare:
“Può una buona qualità essere portata all’eccesso?”. Io non sapevo cosa dire. Il tema della prossima settimana sarà: “Fate un paragone tra il carattere di Giulietta e quello di Desdemona”. Anche questo mi sembra sciocco.
(pag. 58, traduzione di Lidia Ballanti per Mondadori, 1960)

2) Riferimento al Lago dei cigni di Pëtr Il’ič Čajkovskij:
L’ho chiesto alla signorina Chadwick (non avrei mai osato chiederlo alla signorina Bulstrode!) e lei mi ha risposto con molta durezza. Mi ha detto che non era affatto vero e che non dovevo dare retta ai pettegolezzi.
Siamo state al balletto, martedì, Il lago dei cigni. Un sogno indescrivibile!
(pag. 59, traduzione di Lidia Ballanti per Mondadori, 1960)

3) Riferimento implicito al romanzo di Agatha Christie Fermate il boia (1952) attraverso il personaggio di Maureen Summerhayes che qui risulta essere una cara amica della madre della giovane che chiede aiuto a Poirot:
“Piacere, Signor Poirot, sono Julia Upjohn. Credo che conosciate una grande amica della mia mamma: la Signora Summerhayes. Siamo state da lei l’estate scorsa e ci ha parlato molto di voi”.
“La Signora Summerhayes…”. La mente di Poirot riandò a una casetta arrampicata sulla sommità di una collina, a un simpatico viso lentigginoso, a un divano con le molle rotte, a una quantità di cani e a molte altre cose piacevoli e spiacevoli.
(pag. 154, traduzione di Lidia Ballanti per Mondadori, 1960)

Macabro quiz (Cat Among the Pigeons)4) Riferimento alla Bibbia (Proverbi 31:10): Una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore (la traduzione italiana parla, appunto, di perle e non di rubini):
“Ma, vedete, lui e io… lui era musulmano, eppure ogni tanto mi chiedeva di leggergli qualche brano della Bibbia. E leggemmo quel punto in cui si parla di una donna che valeva di più di qualsiasi rubino. E perciò… non terrò nessun gioiello. Preferisco di no”.
(pag. 216, traduzione di Lidia Ballanti per Mondadori, 1960)

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È un problema (The Crooked House)

Sintesi: Charles Hayward e Sophia Leonides sono innamorati. Un giorno, Charles legge sul giornale della morte del nonno di Sophia, Aristide Leonides, e viene in seguito a sapere che l’uomo è stato avvelenato tramite un’iniezione. Poiché Sophia si rifiuta di sposare Charles finché il colpevole non sarà trovato, il giovane, il cui padre lavora per Scotland Yard, si fa ospitare nella dimora della famiglia Leonides nella speranza di riuscire a carpire qualche segreto.

ATTENZIONE, IL POST CONTIENE UNO SPOILER SUL FINALE DEL LIBRO.

Curiosità: 1) Il titolo originale si riferisce alla nursery rhyme There Was a Crooked Man: There was a crooked man, and he walked a crooked mile. / He found a crooked sixpence upon a crooked stile. / He bought a crooked cat, which caught a crooked mouse, / And they all lived together in a little crooked house (C’era un uomo sbilenco che percorse un miglio sbilenco,/Trovò una moneta sbilenca da sei pence su una scaletta sbilenca./Comprò un gatto sbilenco che catturò un topo sbilenco./E vissero tutti insieme in una piccola casa sbilenca). In questo contesto il suo significato è che i parenti di Aristide Leonides non hanno mai imparato a essere indipendenti da lui e a vivere la loro vita.
2) È un problema è il romanzo poliziesco che, assieme alle Due verità, Agatha Christie dichiarò di apprezzare di più (vedesi Agatha Christie, La mia vita, Arnoldo Mondadori Editore, Segrate 1978, pag. 610, traduzione di Maria Giulia Castagnone).
3) Se nell’Assassinio di Roger Ackroyd Agatha Christie crea un finale spiazzante, in È un problema l’autrice opta per una conclusione abbastanza intuibile ma sconvolgente. Per questa ragione, nel 1949, prima dell’uscita del libro, l’editore le chiese di modificare il finale. Agatha Christie rifiutò sostenendo di non voler tradire la fiducia che i lettori riponevano in lei (vedesi Matthew Bunson, The Complete Christie, An Agatha Christie Encyclopedia, Pocket Books, New York 2000, p. 42).
In effetti, l’idea di attribuire la serie di omicidi a una dodicenne psicopatica e megalomane, che alla fine comunque viene uccisa in un incidente stradale provocato dalla zia che non ci tiene affatto a veder crescere un simile mostro, è insolita per l’epoca e non facile da accettare per gli editori della Christie che cercavano sempre di mantenere un certo buonismo nei confronti dei lettori. L’obiettivo dell’autrice è dimostrare che, purtroppo, il male può nascondersi ovunque, anche nel volto apparentemente angelico di una ragazzina.
4) Di recente, ne è stato tratto il film Mistero a Crooked House (con Terence Stamp nel ruolo dell’Ispettore Taverner e Glenn Close in quello della zia dell’assassina. Attualmente la pellicola è in post-produzione e dovrebbe uscire nel 2018).

È un problema (The Crooked House)Riferimenti intertestuali:
1) Riferimento al personaggio biblico di Gezabele la cui storia è narrata nel primo e nel secondo Libro dei Re. In quest’ultimo, 9:30-37, è descritta anche la sua morte atroce e il successivo spregio del suo corpo da parte dei cani:

“[…] Gezabele non era cattiva come nella Bibbia. Era diventata un personaggio patriottico e gentile. Insomma, una noia mortale. Il finale, però, non era male. La buttavano dalla finestra. Ma non veniva sbranata dai cani. Un vero peccato, non credi? La parte in cui i cani la sbranano è la mia preferita. Mamma dice che non si possono portare i cani in scena, ma io non vedo perché. Si potrebbero usare dei cani ammaestrati”. Citò con enfasi: “E la divorarono tutta, eccetto i palmi delle mani”.
(pag. 87, traduzione di Rosalba Buccianti per Mondadori, 2015)

2) Riferimento all’opera teatrale Voysey Inheritance (1905) del commediografo britannico Harley Granville-Barker (1877-1946):
“Era la fine di novembre, ti ricordi Philip? Una sera papà ci riunì tutti e ci lesse il testamento”.
Taverner si rivolse a Philip Leonides.
“Conferma, signore?”.
“Sì”.
“Proprio come nell’Eredità dei Voysey”, sospirò platealmente Magda, “C’è sempre qualcosa di così drammatico nei testamenti”.
(pag. 93, traduzione di Rosalba Buccianti per Mondadori, 2015)

3) Riferimento alla figura di Lady Macbeth del Macbeth di William Shakespeare:
“Anche Pritchard era un tipo molto socievole” gli ricordò il Vecchio.
“Diciamo allora che hanno agito in complicità”.
“Con Lady Macbeth nel ruolo decisivo” disse mio padre quando Taverner se ne fu andato. “Non credi, Charles?”.
Ricordai la figura snella ed elegante, in piedi vicino alla finestra di quella stanza così austera.
“Non lo so” ammisi. “Lady Macbeth era una donna essenzialmente avida. Non mi sembra che Clemency Leonides lo sia, e non mi sembra particolarmente interessata ai beni materiali”.
(pagg. 102-103, traduzione di Rosalba Buccianti per Mondadori, 2015)

Mistero a Crooked House4) Riferimento al testo teatrale Arsenico e vecchi merletti di Joseph Kesselring (1902-1967). Da notare che Vavasour Jones è il nome del protagonista dell’atto unico Welsh Honeymoon (1917) dell’autrice americana Jeannette Augustus Marks (1875-1964):
“[…] Sta leggendo l’ultima opera di Vavasour Jones, si intitola Ci pensa la donna ed è una divertente commedia gialla la cui protagonista è una sorta di Barbablù in gonnella. Secondo me è copiata di sana pianta da Arsenico e vecchi merletti, ma ha una bella parte femminile, una donna con la mania di rimanere vedova”.
(pag. 229, traduzione di Rosalba Buccianti per Mondadori, 2015)

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L’abilità drammaturgica di Agatha Christie

Testimone d'accusaLa capacità di Agatha Christie di drammatizzare le attese, le zone che in tanti altri autori del poliziesco, anche illustri, costituiscono le parti morte, è eccelsa. Tanto da far perdere di vista che si tratta di pause di transizione, anzi da arrivare a negare che siano tregue, da imporle addirittura come momenti integranti e insostituibili della tensione. E questo Agatha Christie può farlo, sia accentuando l’interrogativo della paura nei personaggi, sia ravvivando il divertimento della sua analisi dei caratteri.

In Testimone d’accusa sceglie appunto questa seconda possibilità, ed eccola alimentare una discussione tra cancelliere capo e segretaria, uno scontro vero e proprio di generazioni. Carter è scontento del pressapochismo e dell’improntitudine di Greta sul lavoro. Lui si lamenta, lei replica, trovandolo noioso e bisbetico. Con la consueta perfidia, proprio mentre più diverte gli spettatori con questo scontro di piccinerie, Agatha Christie mette in bocca al brontolone Carter una sentenza come questa: “Lo studio di un pubblico difensore non è un posto in cui si può parlare di divertimento. La legge, Greta, è una cosa seria e come tale va trattata…”.

Nessuna delle battute di questa apertura, pur così apparentemente frivole, è inessenziale allo svolgimento di Testimone d’accusa. Tra poco Leonard Vole potrà entrare in campo, insieme con Sir Wilfrid Robarts, l’uno a narrare un’inverosimile storia, l’altro a escogitare come renderla plausibile, per prima cosa, a se stesso, in modo da poter riuscire più convincente come difensore. Il battibecco, la baruffa generazionale tra cancelliere capo e segretaria saranno ovviamente dimenticati nel fuoco di fila dei colpi di scena, Greta e Carter non figureranno quasi più in palcoscenico. Eppure, alla fine, se vogliamo essere onesti, dovremmo ammettere che Agatha Christie ci aveva sfidato a capire. Non abbiamo saputo afferrare il suo messaggio. Né noi né i suoi personaggi. Agatha Christie è infernale.

Trappola per topiLe attese, le parti morte degli altri autori del poliziesco, sono giocate in tutt’altro modo in Trappola per topi. Qui l’inizio da commedia familiare, sposini in angustie alla prima impresa commerciale, si incupisce presto, tende al tragico. La pensione familiare assediata, isolata, tagliata fuori dal mondo da un’eccezionale nevicata, è una trappola ideale, un tema su cui Agatha Christie si è più volte crudelmente esercitata. Un classico addirittura del teatro, del romanzo, della narrativa di genere poliziesco. Assassino e vittime son rinchiusi insieme. C’è anche il poliziotto che dice: “Uno di voi è l’assassino. Non so ancora chi, ma lo scoprirò…” e, invece, lo sa già. Si tratta per la micidiale autrice di non far capire sino alla fine, per gli spettatori si tratta di indovinare prima quali siano i ruoli esatti di questi campionari tradizionali o bizzarri d’umanità. La sospettosità, la diffidenza, l’ostilità tra gestori della pensione familiare e i vari ospiti cominciano, prima ancora che ci sia un cadavere in loco. In realtà, Agatha Christie riuscirebbe a creare tensione e sensazione anche senza cadaveri. I cadaveri in lei non hanno peso, non destano orrore, son quasi irrilevanti. Non sporcano.

Il dialogo è uno dei più funzionali e brillanti dialoghi teatrali che si possano immaginare. E domina anche ne Il Rifugio. Dallo studio austeramente legale e dalle aule di tribunale di Testimone d’accusa, alla pensione familiare oppressa dalla neve in una strada cittadina come se fosse una baita di montagna durante una tormenta di Trappola per topi si passa qui ne Il Rifugio alla villa di Sir Henry Angkatell a circa trenta chilometri da Londra, un nido squisito di semplicità e buongusto aristocratici. Il cambio è anche di condizione sociale. Ferve una sofisticata commedia di costume e corna. Ne Il Rifugio alcuni aristocratici con domestici altrettanto aristocratici si trovano a dibattere sul bene e il male propri e altrui con un dialogo che ricorda da vicino per spietatezza e cattiveria quello di una grande coetanea di Agatha Christie, Ivy Compton-Burnett che ha scritto tanti romanzi di solo parlato e di molti delitti tipo Madre e figlio, Il presente e il passato. Ivy Compton-Burnett è celebrata per l’estrema letterarietà, Agatha Christie per la sbalorditiva popolarità: distinzioni di comodo, a parte questo, sono compiutamente e innegabilmente inglesi tutt’e due.

Il RifugioCome compiutamente e innegabilmente inglese è il grande commediografo Harold Pinter, al cui dialogo pure si avvicina quello di Agatha Christie (anzi, per l’esattezza, sarà senz’altro il contrario; che straordinaria aria di famiglia presenta l’inizio de Il calapranzi o Il compleanno, ad esempio, con l’inizio di Trappola per topi). Il delitto c’è, ovviamente, ma il più tardi possibile, e il groviglio di queste anime in tempesta a battute e repliche è ben più fremente prima e dopo.

Tra tanti dialoganti, fa spicco la padrona di casa, Lady Lucy che parla sempre a sproposito. O almeno gli altri personaggi l’accusano di parlare a sproposito. Ma, a un certo punto, la vecchia sventata Lady Angkatell dice, continuando una conversazione già iniziata con se stessa di cui nessuno ha sentito l’attacco: “Povera me… tra una cosa e l’altra… Ho lasciato qui la trappola per le talpe. Ah, sì eccola, il guaio con le talpe è che non si sa mai dove vanno a finire, la natura nel suo equilibrio, è previdente…”. Agatha Christie, sia che appronti trappole per talpe, per attori o spettatori, lo sa sempre perfettamente, dove vanno a finire. Dalla sua parte, come vuol lei.

(Il presente frammento è tratto dalla prefazione, a cura di Oreste del Buono, al Teatro di Agatha Christie volume secondo, Collana Sipario Giallo, Arnoldo Mondadori Editore, 1984, pp. VI-IX)

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