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La mitologia greca nelle storie di Agatha Christie

Il presente articolo è una sintesi, su mia traduzione, del saggio The Intertextual Use of Greek Mythology in Agatha Christie’s Detective Fiction scritto da Tatiana V. Ternopol sulla rivista English Studies at NBU, 2020, Volume 6, Issue 2, pp. 321-331.

The Labours of HerculesAnche se Agatha Christie non era una scrittrice di stampo modernista, si avvaleva di alcune tecniche letterarie tipiche del modernismo (vedesi il flusso di coscienza in Dieci piccoli indiani). I romanzi da lei redatti basati su riferimenti all’antichità possono essere suddivisi in due gruppi. Il primo comprende le storie brevi del primo periodo, Il villino degli usignoli, Il volto di Elena, L’oracolo di Delfi, e i racconti brevi della raccolta Le fatiche di Hercule (tutti scritti e pubblicati tra il 1924 e il 1947); il secondo, il romanzo scritto in età più matura: Miss Marple: Nemesi.

Le prime opere sono meno drammatiche; i crimini non sono gravi (furto, ricatto) e in alcuni casi è l’intervento di un detective privato a prevenirli. […] Agatha Christie sembra assumere un atteggiamento alquanto ironico nei confronti dei personaggi da lei paragonati a eroi della mitologia greca. La descrizione che fa di Hercule Poirot ne è un brillante esempio:

Eccolo qui un Ercole moderno… diversissimo dallo sgradevole ritratto di una figura nuda con i muscoli prominenti, che brandiva una mazza nodosa. Al suo posto, invece, un personale asciutto, vestito correttamente da città con un paio di baffi.

Nelle prime storie dell’autrice, il paragone tra gli antichi eroi e i personaggi da lei creati avviene in base al loro aspetto fisico e alla loro funzione. Una bella ragazza a teatro ricorda al Signor Satterthwaite Elena di Troia:

“La bellezza!”, disse tra sé il Signor Satterthwaite. “È qualcosa che esiste. Non fascino, non attrazione, non magnetismo, né alcuna delle cose di cui parliamo con tanta disinvoltura, pura e semplice bellezza. La forma di un viso, la linea di un sopracciglio, la curva di una guancia”. Citò sottovoce tra sé: “Un volto che ha fatto mettere in mare un migliaio di navi”. E per la prima volta comprese il significato di quelle parole.

Gillian West viene descritta senza ironia e la sua bellezza (al pari di quella di Elena) è la sua maledizione. La tendenza della gente comune ad assomigliare agli eroi greci è un’altra delle caratteristiche osservate da Hercule Poirot; descrive Ted Williamson, un meccanico, definendolo “un dio Greco… un giovane pastore d’Arcadia”.

Nelle altre storie, l’aspetto dei personaggi presenta peculiari caratteristiche associate a un determinato eroe mitologico. Questo elemento spicca soprattutto in Le fatiche di Hercule dove gli esseri umani hanno caratteristiche in comune con i mostri ctoni uccisi o catturati da Ercole. Per esempio, i capelli di una ragazza “parevano d’oro – voltati all’insù ai lati, che sembravano due ali – e aveva un modo così leggiadro di muoversi camminando”. La ragazza ricorda la cerva di Cerinea con le sue corna d’oro e ha anche danzato nel ruolo di una cerva in un balletto. Un giovane ufficiale della marina viene descritto come segue: “alto, proporzionato, un fisico stupendo, petto e spalle poderosi, una gran testa di capelli fulvi: dalla sua persona emanava una tremenda sensazione di forza e virilità”. Hercule Poirot non può evitare di paragonarlo al “giovane toro… il toro dedicato a Poseidone” com’era stato il toro di Creta.

Parker PyneA volte i personaggi hanno un aspetto sgradevole. Il giovane politico Harold Waring incontra sul Lago Stempka due donne che “avevano il naso lungo a becco, come uccelli, e le loro facce, molto simili, avevano una strana fissità. Portavano sulle spalle un mantello sciolto che si gonfiava al vento allargandosi, come le ali di due grandi uccelli”. Il lago non è lo Stinfalo, ma il suo nome risulta significativo quanto l’aspetto delle due donne che induce il personaggio a considerarle portatrici di malaugurio.

Gli esseri umani non sono gli unici a essere paragonati ai mostri ctoni. A volte Agatha Christie è ancora più ironica e le terribili bestie della mitologia greca diventano simpatici animali domestici. I cani, un piccolo pechinese e un enorme segugio nero, rappresentano sia il leone nemeo che Cerbero. Il segugio si rivela così fedele e obbediente da essere utilizzato dal padrone per trasportare pacchetti sigillati di cocaina.

Di conseguenza, è ovvio che i personaggi dell’autrice non solo assomigliano ai loro prototipi antichi nell’aspetto esteriore, ma condividono anche i loro caratteri e svolgono funzioni a essi associate. […]

Nei miti di Troia, Elena è sinonimo di donna il cui fascino irresistibile è fonte di guai per gli uomini. Nel Volto di Elena, Gillian, il personaggio principale, è vittima di molti episodi “spiacevoli”:

Il Signor Satterthwaite riuscì a farsi illuminare sui vari avvenimenti che Burns aveva classificato in modo vago sotto la formula di “cose spiacevoli”. Il giovanotto che si era tirato un colpo di pistola, l’incredibile modo di comportarsi di un direttore di banca (che era sposato!), lo straniero focoso (che doveva essere matto!), il contegno stravagante di un anziano artista. Una scia di violenza e di tragedia che Gillian West si era lasciata dietro, snocciolata nei toni banali della voce di Charlie Burns.

Tuttavia, il modo in cui Agatha Christie affronta le allusioni alle funzioni mitologiche non è identico in tutte le opere. Spesso se ne avvale per ingannare il lettore che cerca di risolvere il caso. […] A volte, un personaggio si riallaccia a personaggi mitologici allo scopo di far credere agli altri personaggi che lui o lei può svolgere determinate funzioni. In L’oracolo di Delfi, la Signora Peters, il cui figlio è stato rapito, chiede aiuto a un uomo che si pubblicizza come un nuovo oracolo. Uno che afferma di poter dare consigli alle persone su come risolvere i loro problemi. Per l’appunto, l’oracolo è il criminale che ha organizzato il rapimento. […]

Nel Villino degli usignoli, la scrittrice adatta un mito meno conosciuto su due sorelle: Filomela e Procne. Il marito di Procne, Tereo, violenta e mutila Filomela tenendola prigioniera in un capanno nel bosco. Lei realizza un bellissimo ricamo raffigurante la sua storia e lo invia alla sorella. Per vendicarsi, Procne uccide Iti, il figlio avuto da Tereo. Agatha Christie riprende numerosi temi del mito, come ad esempio un marito violento (il marito di Alix Martin ha ucciso diverse donne che ha sposato per denaro); la prigionia e l’abuso su una donna (il marito nasconde la protagonista in un cottage lontano e si prepara a sbarazzarsene); un astuto piano elaborato dalla vittima (Alix riesce ad avvertire l’ex fidanzato che la salva); una vendetta (il criminale muore di paura perché pensa di essere stato avvelenato da Alix). […]

Villino usignoli

Nelle opere successive, Agatha Christie si dedica al folklore e alle allusioni letterarie e torna alla mitologia greca solo negli anni Settanta, nel suo ultimo romanzo su Miss Marple. Il libro si intitola Miss Marple: Nemesi, in linea con l’intenzione dell’autrice di indicare chiaramente l’ipotesto di cui si avvale. Tuttavia, non sono solo vent’anni a separare il romanzo dai suoi precedenti racconti. Anche la formula che utilizza è nuova.

In primo luogo, non ci sono storie note su Nemesi nella mitologia greca. Era onorata come dea del castigo e talvolta citata come madre di Elena di Troia, ma non esistono miti direttamente associati a lei. Secondo Mesomede di Creta, il suo aspetto non presentava caratteristiche degne di nota, a parte le ali. Era parente di Cloto, Lachesi e Atropo, le Moire che tessevano e tagliavano il filo della vita per ogni mortale. I greci ritenevano fossero sorelle e di solito le ritraevano come donne anziane vestite di bianco. […]

In Miss Marple: Nemesi, le allusioni alle creature mitologiche sono chiare, perché Miss Marple viene chiamata Nemesi dal milionario defunto Jason Rafiel che la vuole per risolvere il caso di un vecchio omicidio. Le principali sospettate sono tre anziane sorelle dai nomi notevoli: Clotilde (la maggiore), Lavinia e Anthea (la più giovane). I nomi sono allusioni alle Moire, così come il fatto che le tre sono sorelle e vivono insieme. Clotilde ricorda a Miss Marple Clitennestra, mentre Anthea ricorda Ofelia.

La Christie sperimenta un nuovo modo di creare allusioni agli eroi mitologici dando ai suoi personaggi nomi parlanti, anche se non così ovvi come Hercule o Atlante in Le fatiche di Hercule. Allo stesso tempo, l’aspetto del personaggio diventa meno significativo; Miss Marple e le Bradbury-Scott sono descritte come donne anziane senza alcuna peculiarità dei loro prototipi.

Miss Marple: NemesiLe tre sorelle Bradbury-Scott non svolgono le funzioni delle Moire perché non amano filare o fare alcun lavoro di cucito (è Miss Marple quella che si diverte a lavorare a maglia), ma una di loro è sicuramente colpevole di diversi omicidi, ed è compito di Miss Marple smascherarla.

Nel romanzo, l’autrice non usa la trama di nessun mito greco; infatti, la tragica storia di Verity Hunt e Michael Rafiel si basa su Romeo e Giulietta con Miss Temple come infermiera e l’arcidiacono Brabazon come frate Lorenzo. Le immagini di dee ed eroi antichi vengono usate per fuorviare i lettori alla ricerca di allusioni alla mitologia greca.

Nota:
I racconti brevi citati sono stati pubblicati in italiano nelle seguenti raccolte:
Il volto di Elena nella raccolta Il misterioso Signor Quin;
L’oracolo di Delfi
nella raccolta Parker Pyne indaga;
Il villino degli usignoli nella raccolta Testimone d’accusa e altre storie.

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Agatha Christie e Il villino degli usignoli: un esempio di omicidio per suggestione

Philomel CottageTra i racconti brevi di Agatha Christie, Il villino degli usignoli (Philomel Cottage) merita una menzione particolare. Pubblicato per la prima volta nel 1934, nel Regno Unito, all’interno della raccolta Il mistero di Lord Listerdale e altre storie, di cui faceva parte anche il racconto La disgrazia (The Accident), viene poi ripubblicato, negli Stati Uniti, assieme a quest’ultimo, nel volume Testimone d’accusa e altre storie (1948) che ripropone i testi già presentati ne Il segugio della morte (1933). La conseguenza diretta di questa scelta è che, in Italia, i lettori che volessero leggerlo lo troveranno solo in Testimone d’accusa e altre storie, a differenza degli inglesi che lo leggono da anni all’interno di The Listerdale Mystery. A parte le “vicissitudini” di pubblicazione di cui sopra, un’altra peculiarità de Il villino degli usignoli è insita nella sua trama; si tratta, infatti, dell’unico racconto di Agatha Christie a esporre un caso di omicidio per suggestione.

I protagonisti della narrazione, Alix King e Gerald Martin, richiamano un po’ quelli che diventeranno i personaggi principali del romanzo Nella mia fine è il mio principio (Endless Night, 1967), ovvero il seduttore pericoloso che mira al costante miglioramento della sua posizione sociale, e la sedotta ingenua che si illude di aver trovato la tanto agognata serenità. Tuttavia, se Nella mia fine è il mio principio il lettore si ritrova a vivere le esperienze di un narratore onnisciente in prima persona psicologicamente instabile, ne Il villino degli usignoli ci si confronta con un narratore in terza persona che, pur descrivendo la situazione nei minimi dettagli, mantiene un certo distacco rispetto ai due protagonisti.

La trama non presenta intrecci complicati od oscuri segreti difficili da intuire, ma segue il normale evolversi di una qualsiasi storia gialla già nota. Eppure, è proprio nella sua semplicità che si nasconde il divertissement e un certo gusto per il macabro in grado di risvegliare la curiosità del lettore. Alix Martin è lo stereotipo perfetto della donna non più giovanissima che, dopo aver sacrificato buona parte della sua vita per accudire la madre malata, si ritrova di colpo sola, senza alcun affetto a cui aggrapparsi. Come spesso accade, la sua fragile condizione emotiva la induce a cedere facilmente alla corte di Gerald Martin che, guarda caso, inizia a mostrare un crescente interesse nei suoi confronti proprio poco tempo dopo che la donna ha incassato un’ingente eredità da una lontana cugina. Non credo di rovinare il piacere della lettura se dico che lo scopo del nuovo spasimante, e ben presto marito, è quello di eliminare la moglie e intascare i soldi. Tuttavia, Agatha Christie va oltre l’ovvietà e crea la suspense sfruttando uno dei migliori riferimenti intertestuali della sua letteratura:

Pensi che sia saggia, Alix… questa curiosità da camera di Barbablù? Ci sono state altre donne nella mia vita, sì. Non lo nego. Non mi crederesti, se lo negassi. Però ti posso giurare in tutta sincerità che nessuna di loro, mai, ha avuto un grande significato per me.
(Il villino degli usignoli, in Testimone d’accusa e altre storie, traduzione di Hilia Brinis, Grazia Maria Griffini e Giuseppe Lippi, Mondadori 1981, p. 145)

Citando la fiaba Barbablù, e in particolare la stanza dove egli uccideva le donne con cui aveva contratto matrimonio in precedenza, l’autrice inglese strizza l’occhio al lettore e gli fa capire la gravità della situazione in cui si trova la protagonista dando, però, contemporaneamente a quest’ultima la consapevolezza di cui aveva bisogno per cercare di sfuggire al suo aguzzino. Ed è proprio lo stratagemma che ella escogita per salvarsi a costituire la vera originalità della storia e a farne uno dei racconti migliori di Agatha Christie. SPOILER. Un altro dei riferimenti intertestuali utili a cogliere l’atmosfera della narrazione è il titolo originale del testo: Philomel Cottage. Il mito di Filomela, infatti, è uno dei più cruenti della storia della mitologia: dopo aver subito violenza ed essere stata mutilata della lingua dal cognato, Filomela riesce, con un ricamo, a informare dell’accaduto la sorella che si vendica dando in pasto al marito il proprio figlio. Per punizione la sorella viene trasformata in rondine, Filomela in usignolo e il cognato in sparviero; anche se secondo Dante (vedesi Purgatorio XVII 19-20: De l’empiezza di lei che mutò forma/ne l’uccel ch’a cantar più si diletta,/ne l’imagine mia apparve l’orma;) fu la sorella a essere trasformata in usignolo.

Love from a StrangerNel 1936, Frank Vosper ne trasse la pièce teatrale Love from a Stranger, rappresentata per la prima volta al New Theatre, ora noto come Noël Coward Theatre, il 31 marzo dello stesso anno. All’epoca lo Scotsman recensì così il testo: “Assistere alla rappresentazione di Love from a Stranger al New Theatre è come prendere parte a un ingegnoso gioco di prestigio. Lo spettatore è pienamente consapevole che quanto sembra accadere è quasi impossibile, eppure non può fare a meno di provare un fremito”. Nel 1937, il regista Rowland W. Lee ne trasse a sua volta un film dal medesimo titolo, noto negli Stati Uniti come A Night of Terror e in Italia come L’ora del supplizio (mentre nel 1947 l’americano Richard Whorf ne realizzerà una nuova versione chiamata L’affascinante straniero). La pellicola, tuttavia, presenta alcune notevoli variazioni rispetto al racconto di Agatha Christie. La protagonista, infatti, non eredita il denaro da una lontana cugina ma lo vince alla lotteria e inoltre il numero di personaggi che interagiscono con i due principali aumenta notevolmente. Ciononostante, rimane un film che merita di essere visto per la crescente tensione, le implicazioni psicologiche e il talento recitativo degli attori:

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