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Censura e veleni fascisti: le traduzioni di Agatha Christie degli anni Trenta

Si riporta, qui di seguito, un frammento del saggio del Professor Francesco Spurio riguardante la censura operata, ai tempi del Fascismo, sulle traduzioni delle opere di Agatha Christie. Il saggio è stato pubblicato sulla rivista digitale Tradurre, Numero 0, primavera 2011. Si ringrazia il Professor Francesco Spurio per l’autorizzazione.

Agatha ChristieAgatha Christie continua a essere un’autrice con grande seguito di lettori. Ma solo relativamente da poco i suoi libri hanno cominciato a essere offerti dalla Mondadori, che da sempre ne detiene i diritti per l’Italia, in traduzioni più rispettose dell’originale. Fino agli anni Ottanta si sono continuate a ristampare e a mandare in libreria le versioni delle sue prime opere compiute negli anni Trenta, che erano tutto fuorché integrali e presentavano vistosi tagli sia nei dialoghi sia nelle parti descrittive. I suoi lettori attuali rimarrebbero certo sconcertati. Ancora oggi su una bancarella dell’usato o su eBay un lettore potrebbe facilmente imbattersi in un’edizione mondadoriana ridotta e acquistarla ritenendola erroneamente integrale.
Tuttavia, gli estimatori della Christie si consolino e non si stupiscano più di tanto poiché la «regina del giallo» è in ottima compagnia: le opere di altri nomi prestigiosi come Erle Stanley Gardner, Ellery Queen, Rex Stout, Margery Allingham e S.S. Van Dine non hanno infatti ricevuto un trattamento migliore. Del resto, il concetto di traduzione integrale è sempre stato piuttosto labile e variamente interpretato nel mondo dell’editoria di massa del nostro paese. Lo dimostrano non soltanto i tagli operati sui testi originali, ma anche la pratica assai diffusa di rimaneggiarne o addirittura riscriverne interi brani. Se infatti alcune di queste operazioni erano (e sono) in parte motivate da chiare esigenze editoriali, quali ad esempio la necessità di ridurre il numero delle pagine per contenere i costi e garantire un prezzo di copertina moderato (elemento essenziale per i gialli, distribuiti in edicola), altre invece erano diretta conseguenza del particolare periodo storico in cui le traduzioni furono realizzate. Il genere poliziesco, fatta eccezione per qualche sporadica pubblicazione antecedente, giunse nel nostro paese nel 1929, in piena dittatura fascista, con il varo da parte di Arnoldo Mondadori della collana «I Libri Gialli».
Per l’epoca si trattava di una piccola rivoluzione in un settore, quello della narrativa di consumo, che vedeva la predominanza di autori italiani. Il regime non aveva infatti mai incoraggiato la pubblicazione di autori stranieri (soprattutto britannici, americani o francesi) ed era particolarmente avverso proprio ai romanzi polizieschi in quanto li considerava immorali per le tematiche trattate nonché espressione di un mondo, specialmente quello anglosassone, i cui valori potevano corrompere gli animi più impressionabili. Ciononostante il genere conobbe un successo travolgente conquistandosi ben presto estimatori in ogni classe sociale e livello culturale. Forse fu proprio questa grande popolarità, a spingere il regime, sempre più insofferente per i più basilari diritti di libertà, a imporre verso la metà degli anni Trenta pesanti limitazioni alle case editrici che pubblicavano traduzioni. Continua a leggere sulla rivista Tradurre…

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