Scritto da Agatha Christie nel 1949, e appartenente alla schiera di romanzi non aventi come protagonista principale un investigatore noto al grande pubblico come Hercule Poirot o Miss Marple, Crooked House, tradotto in italiano con il poco convincente È un problema, è in realtà, malgrado la sua fama limitata, uno dei migliori romanzi polizieschi dell’autrice inglese.
Il titolo originale riprende una filastrocca, tra le tante molto amate da Agatha Christie, che sembra riferirsi al rapporto tra inglesi e scozzesi e all’accordo firmato dal Generale scozzese Alexander Leslie durante un periodo di forte tensione tra i due popoli. Questo rispecchia perfettamente anche la situazione di convivenza forzata tra i vari membri della famiglia Leonides, protagonisti del libro, la cui dipendenza finanziaria dal patriarca Aristide, vittima dell’omicidio, è causa di soprusi e di forti contrasti.
La trama alquanto complessa del romanzo, che, con risvolti psicologici ben più complicati di Dieci piccoli indiani, chiama in causa numerosi personaggi dalle multiformi sfaccettature, è sempre stato un grosso ostacolo al progetto di trasporlo sul grande schermo, a differenza di quanto avvenuto con le opere più note di Agatha Christie. Il regista francese Gilles Paquet-Brenner, coadiuvato da Julian Fellowes, reso giustamente celebre dalle sceneggiature di Gosford Park e Downton Abbey, e Tim Rose Price, conosciuto per Il bacio del serpente e Rapa Nui, ha raccolto la sfida attribuendo ai vari membri della famiglia Leonides, e al giovane investigatore Charles Hayward, il volto di una serie di attori di prim’ordine e rendendo la casa in cui è ambientata la storia un elemento tutt’altro che scenografico. Mistero a Crooked House, questo il titolo del film attualmente nelle sale, non delude le aspettative di chi apprezza lo stile letterario di Agatha Christie e si rivela una piacevole sorpresa per coloro che, dell’autrice, non hanno mai conosciuto altro che Poirot e Miss Marple.
Un cast di celebrità non è certo una novità per una pellicola tratta da Agatha Christie, ma solo in rari casi – vedesi ad esempio Testimone d’accusa (1957) di Billy Wilder – una scelta di questo tipo si è rivelata efficace. Il pregio di Mistero a Crooked House è proprio questo: l’abilità degli attori nel mettere in scena un “dramma” corale senza che nessuno cerchi di entrare in competizione con gli altri per superarlo in bravura. Glenn Close, nel ruolo di Lady Edith de Haviland, cognata del defunto, dà un’interpretazione magistrale di una donna scaltra, sfuggente ma consapevole di un declino familiare inarrestabile che ha finito per colpire anche i membri all’apparenza più innocenti e incapaci di concepire la malvagità; è sua, infatti, la battuta: “Questa casa è una serra di repressa passione. È ciò che capita quando la persona che ami di più al mondo, per cui daresti perfino la vita, è anche di fatto la persona che detesti di più”, che ben sintetizza il messaggio che la stessa Agatha Christie voleva trasmettere con il romanzo. Max Irons gestisce bene il ruolo del giovane catapultato in una realtà di cui cerca di mantenere una visione distaccata al fine di non farsi coinvolgere e scoprire chi è il colpevole. Gillian Anderson, che impersona l’attrice Magda West, moglie del figlio del patriarca e madre di Josephine, Sophia e Eustace, assume quei classici atteggiamenti da donna troppo immedesimata nei suoi personaggi per preoccuparsi dell’omicidio avvenuto tra le pareti di casa sua e finisce per suscitare anche una certa simpatia. Terence Stamp, nei panni dell’Ispettore Taverner, non passa affatto inosservato.
Rispetto al testo originale, in cui la casa sbilenca abitata dai personaggi è metafora dell’influsso e del potere di Aristide sui restanti consanguinei ma in cui dominano soprattutto i dialoghi e la mentalità di una variegata umanità assoggettata a un solo uomo a causa della situazione storica, la pellicola converte la dimora in una sorta di gabbia dorata in cui si consumano tradimenti, gelosie e ripicche. Come anticipato, questo fa sì che l’ambientazione contribuisca in maniera decisiva alla riuscita della trasposizione e permetta allo spettatore di meglio comprendere lo stato di “prigionia psicologica” in cui si muovono i numerosi protagonisti.
Una pellicola che vale la pena vedere.