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Dieci piccoli indiani (Ten Little Niggers)

Sintesi: Dieci persone che non si conoscono vengono invitate a Nigger Island. Una volta giunte sul posto, una voce, emessa da un grammofono, le accusa di assassinio. Al ritmo dei versi di una filastrocca per bambini, Ten Little Niggers appunto, i personaggi vengono eliminati uno alla volta fino alla rivelazione finale. Dal romanzo è stata tratta l’omonima pièce teatrale.
Curiosità: L’edizione americana, del 1940, ebbe alcuni problemi a causa della parola “niggers” (negretti) nel titolo; di conseguenza, il libro fu reintitolato …And Then There Were None. In seguito, si trovò l’ulteriore soluzione di chiamarlo Ten Little Indians.
La nursery rhyme utilizzata da Agatha Christie per eliminare, progressivamente, i personaggi della narrazione deriva da un adattamento della canzone del 1868, di Septimus Winner, Ten Little Injuns, molto nota all’epoca per l’uso che ne veniva fatto negli spettacoli di varietà in cui attori bianchi si travestivano da neri per parodiare i canti della tradizione afroamericana.
Il testo si distingue anche per il modo in cui l’autrice alterna la narrazione onnisciente in terza persona a vere e proprie incursioni nella mente dei personaggi evidenziandone paure, ossessioni e il lento precipitare nella follia:
“È Armstrong… L’ho visto che mi guardava di traverso proprio adesso… ha gli occhi folli… davvero folli… forse non è affatto un medico… Ma certo, è così!… È un pazzo scappato da qualche casa di cura, che finge di essere un dottore… È vero… Devo dirlo agli altri? Devo gridarlo?… No, non bisogna metterlo in guardia… E poi, sembra così… Che ora è?… Solo le tre e un quarto!… Oh, Dio divento pazza anch’io… Sì, è Armstrong… Mi sta fissando…” (Dieci piccoli indiani, pag. 127, traduzione di Beata Della Frattina per Mondadori, 1946)

Avevo scritto Dieci piccoli indiani perché ero rimasta affascinata dai problemi che mi poneva. Dieci persone dovevano morire senza che la cosa diventasse ridicola o l’assassino fosse troppo facilmente identificabile. Il libro, nato da una lunga fase di elaborazione, mi riempì di soddisfazione. Era chiaro, lineare e al tempo stesso sconcertante, tanto che, nonostante fosse retto da una logica ferrea, dovetti aggiungere un epilogo per spiegare come si erano svolti i fatti. Ebbe un’ottima accoglienza, sia dal pubblico sia dalla critica, ma la più felice di tutti ero io, perché sapevo la fatica che mi era costato.
(Agatha Christie, La mia vita, traduzione di Maria Giulia Castagnone, Mondadori, 1978, pagg. 552-553)

And then there were none - René ClairRiferimenti intertestuali:

1) Riferimento alla Sacra Bibbia, Salmo 9:15-17 (The heathen are sunk down in the pit that they made: in the net which they hid is their own foot taken. The Lord is known by the judgment which he executeth. The wicked shall be turned into hell, and all the nations that forget God):
Nella sua camera, Emily Brent, vestita di seta nera per la cena, leggeva la Bibbia. Le sue labbra si muovevano leggermente mentre seguiva con gli occhi le parole: Gli infedeli cadono nella trappola che hanno preparato, nella rete che loro stessi nascosero è preso il loro piede. Si riconosce il Signore dalla sua condanna. I malvagi saranno gettati nell’inferno.
(pag. 35, traduzione di Beata Della Frattina per Mondadori, 1946)

2) Riferimento alla raccolta Schwanengesang (Il canto del cigno) di Franz Schubert (1797-1828) che qui viene utilizzata anche nel significato metaforico di “ultimo segno di vitalità”:
Rogers disse: “È la verità, signore. Lo giuro davanti a Dio. Non sapevo di che cosa si trattasse, non l’ho mai saputo. C’era un titolo sul disco… credevo che fosse un pezzo di musica”.
Wargrave guardò Lombard. “C’è davvero un titolo?”. Lombard annuì. A un tratto sorrise, mostrando i bianchi denti affilati. “Proprio così, signore. Il canto del cigno…”.
(pag. 41, traduzione di Beata Della Frattina per Mondadori, 1946)

Ten Little Injuns3) Riferimento alla Sacra Bibbia, Libro dei Numeri 32:23 (But if you will not do so, behold, you have sinned against the Lord, and be sure your sin will find you out):
La signorina Brent mormorò: “Rammento un motto che stava esposto nella mia camera, quando ero bambina: “La tua stessa colpa ti farà scoprire”. Ed è verissimo. La tua stessa colpa ti farà scoprire”.
(pag. 71, traduzione di Beata Della Frattina per Mondadori, 1946)

4) Riferimento alla Sacra Bibbia, Salmo 91:5 (You will not be afraid of the terror by night, Or of the arrow that flies by day):
Non conoscerai il terrore di notte, né la freccia che scocca di giorno…”. Era giorno, adesso: non c’era terrore. “Nessuno di noi lascerà quest’isola”. Chi l’aveva detto? Ma certo, il generale Macarthur, che aveva un cugino sposato con Elsie MacPherson. Sembrava che il suo destino non lo interessasse. Anzi, era parso contento all’idea di morire. Malvagio! Un sentimento simile era sacrilego. Certa gente dà così poco valore alla vita che finisce per togliersela.
(pag. 117, traduzione di Beata Della Frattina per Mondadori, 1946)

Mi ritornò in mente una poesia della mia infanzia: la filastrocca dei dieci poveri negretti. Fin da bambino, mi aveva affascinato, con quella sua inesorabile sottrazione, quel senso di inevitabile.

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La prima teatrale italiana di Dieci Poveri Negretti di Agatha Christie

Oggi, anziché riportare, come d’abitudine, i riferimenti teatrali e letterari contenuti in uno dei romanzi di Agatha Christie, mi permetto di segnalarvi un articolo, apparso sul quotidiano Stampa Sera (Editrice La Stampa S.p.A.) datato martedì-mercoledì 11-12 ottobre 1949, a firma di L. C.

Il diabolico piano di un magistrato pazzo: Dieci poveri negretti di Agatha Christie

And then there were none - René ClairMilano, martedì sera.

Ieri sera al teatro Excelsior si è ammazzato in grande: di undici personaggi in scena, ne muoiono otto. Otto cadaveri per una commedia in tre atti con un titolo come questo: Dieci poveri negretti, anche se di Agatha Christie, una specie di classica nel genere giallo, ci sembra un bel primato.

Ma il pregio della commedia, rappresentata per la prima volta in Italia anche se il suo soggetto non era ignoto per il romanzo dal quale l’autrice la ha ricavata, molto diffuso anche fra noi, e per un film che René Clair (il René Clair hollywoodiano) ne ha fatto, non consiste nell’atmosfera da incubo e nel brivido che devono costituire l’indispensabile ricetta di questo tipo di teatro. Il pregio della commedia è appunto quello di non riuscire terrificante, anche se trasforma il palcoscenico in un obitorio. E allora questi «dieci poveri negretti» si sorreggono nei tre atti che compongono la pièce offerta dalla compagnia Calindri-Solari-Sabbatini-Volonghi-Volpi per l’eleganza del dialogo e la dignità scenica che alla sua opera l’autrice ha voluto attribuire. Artisticamente dunque – e fatte le debite proporzioni – la commedia merita considerazione.

In una certa villa dell’isola di Indiana, al largo della costa di Devon, arriva un giorno un gruppo di persone invitate per un piacevole soggiorno da un misterioso signor Owen (che poi si rivelerà inesistente). In realtà l’invito non è che la pedina iniziale di un diabolico piano ordito da un magistrato pazzo, certo Sir Lorenzo Wargrave. Costui, durante la sua carriera di giudice, ha pronunciato molte condanne a morte, senza però riuscire a placare la sua sete di sangue, dando lui stesso con le proprie mani la morte ai rei. Dice infatti: “Ho sempre sentito la frenesia di sopprimere qualcuno. Mi sono dovuto accontentare di placare questo mio desiderio alla meglio, condannando i rei a morte. Ho sempre goduto di ciò, ma non era abbastanza. Volevo di più… Volevo dare la morte io stesso con le mie mani”.

E un giorno, infatti, decide di sopprimere con le sue mani nove accusati di omicidio – tutti, secondo lui, colpevoli – ma che, mancando le prove dei loro delitti e applicando la legge, egli, come magistrato, non ha potuto condannare. Come uomo però vuole non solo condannare, ma essere l’esecutore del suo giudizio (poi, per far cifra tonda, pago della sua “giustizia”, giustizierà forse anche se stesso).

Ten little niggers - Agatha ChristieLa commedia ce lo mostra nella villa con tutti i convenuti all’invito dell’inesistente signor Owen. Ad uno ad uno, ne farà cadere sotto i suoi colpi, senza scoprirsi mai, ben sette. Gli altri due sfuggiranno alla sua follia sanguinaria ed uno di essi, un certo capitano Lombard, farà invece la festa a lui.

Domanderete a questo punto che c’entrano i dieci poveri negretti. Si tratta di dieci statuine di negri che si trovano nel salotto della villa. Ogni volta che uno di essi casca, un ospite perirà. Perché tutta questa gente deve obbedire a un fato; al fato di una leggenda contenuto in una filastrocca: chi avvelenato, chi annegato, chi con un pugnale piantato nella schiena, chi con nella schiena una scure e via dicendo. Ma sia la filastrocca sia i negretti sono elementi del perfido e atroce piano del folle magistrato, cioè sono colore e mistero che fanno parte degli ingredienti della commedia e aiutano l’autrice ad accrescere l’atmosfera di intrigo e di terrore del suo allucinante episodio.

Detto tutto questo, non rimane che da segnalare il successo della serata, che è stato vivo ad ogni atto; quattro chiamate al primo, cinque al secondo, sei al terzo e tutti i bravi attori sono stati particolarmente festeggiati: dal Calindri alla Solari al Volpi. Ma specialmente il Sabbatini, che fu un magistrato diabolico di grande efficacia.

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