Assassinio sull’Orient-Express di Kenneth Branagh: a chi è piaciuto e a chi no (in Italia e nel mondo)

Assassinio sull'Orient-Express (2017)I baffi di Kenneth Branagh assomigliano a una scopa e sono giganteschi, mentre il suo accento è una via di mezzo tra quello di David Suchet e quello di Peter Ustinov, ma non ricorda per niente quello di Albert Finney; nessun attore che si cimenti nel ruolo di Poirot riesce ad assumere un vero accento belga – fa parte del divertimento! – (provate a leggere un qualsiasi romanzo di Agatha Christie e contate quanti punti esclamativi trovate su una singola pagina). Nel suo ruolo di regista, Branagh adotta appieno l’abitudine, quasi farsesca, dell’autrice inglese di collocare nelle sue opere personaggi archetipici sull’orlo di una crisi di nervi. […] In più di un’occasione, il Poirot di Branagh emette una sonora risata mentre sfoglia un romanzo della Christie, come a sottolineare che il regista si è ben guardato dal realizzare un reboot crudamente realistico, e ringraziamo Dio per questo. Le ultime cose che vorrei dall’adattamento di un romanzo di Agatha Christie creato a scopo di evasione sono il sangue e i conflitti.
(April Wolfe, New York, The Village Voice, 09 novembre 2017, traduzione mia)

Gli adattamenti dei romanzi di Agatha Christie sono tornati di moda. Le recenti versioni televisive di Dieci piccoli indiani e Testimone d’accusa erano emozionanti e vivaci, con le storie ben inquadrate nelle loro epoche, moderni movimenti di camera, un’ottima qualità estetica e attori che pronunciavano dialoghi ampollosi come Dio comanda. Sfortunatamente il regista Kenneth Branagh, con il suo Assassinio sull’Orient-Express, è andato nella direzione opposta producendo una pellicola soporifera eccessivamente pomposa, eccessivamente scenografica e recitata molto sopra le righe che in qualche modo riesce persino a risultare più antiquata della versione del 1974.
(C.J. Johnson, Sydney, Radio ABC, 16 novembre 2017, traduzione mia)

Tutti i membri del cast danno prova di un enorme talento, ma nessuno brilla abbastanza. L’interazione si riduce quasi a una serie di conversazioni con Poirot, anche se in realtà una pellicola in cui l’azione si svolge nello stesso luogo comporta molti limiti. Il problema fondamentale, legato al fatto che il protagonista principale è il detective, è che tutto si riduce alla sua intelligenza e alle sue straordinarie doti. Ne consegue che i brevi istanti in cui sono presenti gli altri membri del cast dipendono da ciò che lui dice o fa.
(Carlos Díaz Reyes, Messico, Vanguardia, 16 novembre 2017, traduzione mia)

Kenneth Branagh

E la prossima volta cosa ci aspetta? Il ritorno di Charlie Chan? Assassinio sull’Orient-Express manca di orrore, perfidia e durezza. Branagh si perde in chiacchiere.
Non posso fare un paragone tra questa pellicola e quella del 1974 tratta dal celebre romanzo di Agatha Christie.
Abbiamo davvero bisogno di un franchise costituito da Kenneth Branagh nel ruolo di Poirot? Pensavo che dopo aver diretto e interpretato come non protagonista Jack Ryan – L’iniziazione (2014) non ci sarebbe stato un altro trampolino di lancio per Branagh nel doppio ruolo regista/attore. E invece, l’ultima immagine di Assassinio sull’Orient-Express ci mostra Poirot in partenza per l’Egitto perché c’è stato un… Assassinio sul Nilo.
(Victoria Alexander, Las Vegas, Las Vegas Informer, 19 novembre 2017, traduzione mia)

Il remake di Assassinio sull’Orient-Express, per la regia di Kenneth Branagh, è vittima dell’illusione secondo la quale la qualità cinematografica è aritmetica: Judi Dench e Penélope Cruz sono di nuovo insieme, come lo sono Branagh, Michelle Pfeiffer, Johnny Depp, Daisy Ridley, Josh Gad, Derek Jacobi e Dio solo sa quanti altri che mi stanno saltando in mente. Se un film fosse davvero pura e semplice matematica, questo sarebbe un capolavoro. Ma un film non è fatto di matematica, e quindi questo non lo è.
La nuova versione di Kenneth Branagh di uno dei classici di Agatha Christie è visivamente sontuosa eppure inerte ed è formata da una serie di quelli che si potrebbero definire cammei da parte di attori fin troppo talentuosi per sprecare il loro tempo così. Dovrebbero proporre una legge che impedisca di ingaggiare Judi Dench per un film in cui poi non le viene dato praticamente nulla da fare.
(Christopher Orr, Washington D.C., The Atlantic, 19 novembre 2017, traduzione mia)

Johnny Depp

L’attore-regista Kenneth Branagh mantiene il tono leggero e il ritmo veloce e, esattamente come in Cenerentola del 2015, da lui diretta ma non interpretata, presta la massima attenzione nell’evitare ogni forma di astuzia – il cast e il copione si mantengono fedeli all’originale con impassibile schiettezza – .
Rispetto al romanzo, ci sono un paio di minime modifiche che apportano un tocco più moderno: il personaggio del Colonnello Arbuthnot è interpretato dall’attore di colore Leslie Odom Jr. e quindi vengono brevemente affrontati i comportamenti razzisti degli anni Trenta del Novecento.
La sceneggiatura di Michael Green (Blade Runner 2049, Logan – The Wolverine) accentua i tic ossessivi-compulsivi di Hercule Poirot ed è un peccato, perché la televisione è già strapiena di detective e dottori le cui disabilità si convertono in superpoteri.
(John Lui, Singapore, The Straits Times, 29 novembre 2017, traduzione mia)

Quanto a Branagh, si diverte a impaginare l’avventura in un misto di teatralità e gusto hollywoodiano-retrò, ritagliando un Poirot dai vistosi baffi austroungarici che, pur caratteristicamente compulsivo-ossessivo, esplicita una più palpabile umanità. D’altronde questo è un caso che mette in crisi il suo profondo senso etico, in quanto verità e giustizia per una volta non sembrano coincidere. Molto branaghiana, e al contempo in sintonia con la visione della Christie, questa sottolineatura dell’aspetto morale dà una piccola marcia in più a quello che di base non pretende di essere altro che un godibile spettacolo di intrattenimento.
(Alessandra Levantesi Kezich, Italia, La Stampa, 30 novembre 2017)

Assassinio sull'Orient-Express (2017)Quanta bella e ricca gente nelle eleganti carrozze e che folta schiera di prestigiosi divi chiamati a impersonarli. Da Michelle Pfeiffer a Willem Dafoe, da Judi Dench a Penélope Cruz (nel ruolo, forzatamente spagnolo, che era stato della Bergman). Lo stesso Branagh, con clamorosi baffi posticci, succede ad Albert Finney come Hercule Poirot, il celebre, imbattibile investigatore belga, mentre al sussiegoso Johnny Depp toccano le coltellate mortali che nel ’74 si beccava Richard Widmark. […]
Chi ce l’aveva con quel losco figuro? Molti, anzi troppi, pensa e rivela Poirot, arrivando alla soluzione. Un bel thriller, fatto con il rimpianto, aristocratico vecchio stile, molto ben recitato, che piacerà anche a chi ricorda il sorprendente finale.
(Massimo Bertarelli, Italia, Il Giornale, 01 dicembre 2017)

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