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La mitologia greca nelle storie di Agatha Christie

Il presente articolo è una sintesi, su mia traduzione, del saggio The Intertextual Use of Greek Mythology in Agatha Christie’s Detective Fiction scritto da Tatiana V. Ternopol sulla rivista English Studies at NBU, 2020, Volume 6, Issue 2, pp. 321-331.

The Labours of HerculesAnche se Agatha Christie non era una scrittrice di stampo modernista, si avvaleva di alcune tecniche letterarie tipiche del modernismo (vedesi il flusso di coscienza in Dieci piccoli indiani). I romanzi da lei redatti basati su riferimenti all’antichità possono essere suddivisi in due gruppi. Il primo comprende le storie brevi del primo periodo, Il villino degli usignoli, Il volto di Elena, L’oracolo di Delfi, e i racconti brevi della raccolta Le fatiche di Hercule (tutti scritti e pubblicati tra il 1924 e il 1947); il secondo, il romanzo scritto in età più matura: Miss Marple: Nemesi.

Le prime opere sono meno drammatiche; i crimini non sono gravi (furto, ricatto) e in alcuni casi è l’intervento di un detective privato a prevenirli. […] Agatha Christie sembra assumere un atteggiamento alquanto ironico nei confronti dei personaggi da lei paragonati a eroi della mitologia greca. La descrizione che fa di Hercule Poirot ne è un brillante esempio:

Eccolo qui un Ercole moderno… diversissimo dallo sgradevole ritratto di una figura nuda con i muscoli prominenti, che brandiva una mazza nodosa. Al suo posto, invece, un personale asciutto, vestito correttamente da città con un paio di baffi.

Nelle prime storie dell’autrice, il paragone tra gli antichi eroi e i personaggi da lei creati avviene in base al loro aspetto fisico e alla loro funzione. Una bella ragazza a teatro ricorda al Signor Satterthwaite Elena di Troia:

“La bellezza!”, disse tra sé il Signor Satterthwaite. “È qualcosa che esiste. Non fascino, non attrazione, non magnetismo, né alcuna delle cose di cui parliamo con tanta disinvoltura, pura e semplice bellezza. La forma di un viso, la linea di un sopracciglio, la curva di una guancia”. Citò sottovoce tra sé: “Un volto che ha fatto mettere in mare un migliaio di navi”. E per la prima volta comprese il significato di quelle parole.

Gillian West viene descritta senza ironia e la sua bellezza (al pari di quella di Elena) è la sua maledizione. La tendenza della gente comune ad assomigliare agli eroi greci è un’altra delle caratteristiche osservate da Hercule Poirot; descrive Ted Williamson, un meccanico, definendolo “un dio Greco… un giovane pastore d’Arcadia”.

Nelle altre storie, l’aspetto dei personaggi presenta peculiari caratteristiche associate a un determinato eroe mitologico. Questo elemento spicca soprattutto in Le fatiche di Hercule dove gli esseri umani hanno caratteristiche in comune con i mostri ctoni uccisi o catturati da Ercole. Per esempio, i capelli di una ragazza “parevano d’oro – voltati all’insù ai lati, che sembravano due ali – e aveva un modo così leggiadro di muoversi camminando”. La ragazza ricorda la cerva di Cerinea con le sue corna d’oro e ha anche danzato nel ruolo di una cerva in un balletto. Un giovane ufficiale della marina viene descritto come segue: “alto, proporzionato, un fisico stupendo, petto e spalle poderosi, una gran testa di capelli fulvi: dalla sua persona emanava una tremenda sensazione di forza e virilità”. Hercule Poirot non può evitare di paragonarlo al “giovane toro… il toro dedicato a Poseidone” com’era stato il toro di Creta.

Parker PyneA volte i personaggi hanno un aspetto sgradevole. Il giovane politico Harold Waring incontra sul Lago Stempka due donne che “avevano il naso lungo a becco, come uccelli, e le loro facce, molto simili, avevano una strana fissità. Portavano sulle spalle un mantello sciolto che si gonfiava al vento allargandosi, come le ali di due grandi uccelli”. Il lago non è lo Stinfalo, ma il suo nome risulta significativo quanto l’aspetto delle due donne che induce il personaggio a considerarle portatrici di malaugurio.

Gli esseri umani non sono gli unici a essere paragonati ai mostri ctoni. A volte Agatha Christie è ancora più ironica e le terribili bestie della mitologia greca diventano simpatici animali domestici. I cani, un piccolo pechinese e un enorme segugio nero, rappresentano sia il leone nemeo che Cerbero. Il segugio si rivela così fedele e obbediente da essere utilizzato dal padrone per trasportare pacchetti sigillati di cocaina.

Di conseguenza, è ovvio che i personaggi dell’autrice non solo assomigliano ai loro prototipi antichi nell’aspetto esteriore, ma condividono anche i loro caratteri e svolgono funzioni a essi associate. […]

Nei miti di Troia, Elena è sinonimo di donna il cui fascino irresistibile è fonte di guai per gli uomini. Nel Volto di Elena, Gillian, il personaggio principale, è vittima di molti episodi “spiacevoli”:

Il Signor Satterthwaite riuscì a farsi illuminare sui vari avvenimenti che Burns aveva classificato in modo vago sotto la formula di “cose spiacevoli”. Il giovanotto che si era tirato un colpo di pistola, l’incredibile modo di comportarsi di un direttore di banca (che era sposato!), lo straniero focoso (che doveva essere matto!), il contegno stravagante di un anziano artista. Una scia di violenza e di tragedia che Gillian West si era lasciata dietro, snocciolata nei toni banali della voce di Charlie Burns.

Tuttavia, il modo in cui Agatha Christie affronta le allusioni alle funzioni mitologiche non è identico in tutte le opere. Spesso se ne avvale per ingannare il lettore che cerca di risolvere il caso. […] A volte, un personaggio si riallaccia a personaggi mitologici allo scopo di far credere agli altri personaggi che lui o lei può svolgere determinate funzioni. In L’oracolo di Delfi, la Signora Peters, il cui figlio è stato rapito, chiede aiuto a un uomo che si pubblicizza come un nuovo oracolo. Uno che afferma di poter dare consigli alle persone su come risolvere i loro problemi. Per l’appunto, l’oracolo è il criminale che ha organizzato il rapimento. […]

Nel Villino degli usignoli, la scrittrice adatta un mito meno conosciuto su due sorelle: Filomela e Procne. Il marito di Procne, Tereo, violenta e mutila Filomela tenendola prigioniera in un capanno nel bosco. Lei realizza un bellissimo ricamo raffigurante la sua storia e lo invia alla sorella. Per vendicarsi, Procne uccide Iti, il figlio avuto da Tereo. Agatha Christie riprende numerosi temi del mito, come ad esempio un marito violento (il marito di Alix Martin ha ucciso diverse donne che ha sposato per denaro); la prigionia e l’abuso su una donna (il marito nasconde la protagonista in un cottage lontano e si prepara a sbarazzarsene); un astuto piano elaborato dalla vittima (Alix riesce ad avvertire l’ex fidanzato che la salva); una vendetta (il criminale muore di paura perché pensa di essere stato avvelenato da Alix). […]

Villino usignoli

Nelle opere successive, Agatha Christie si dedica al folklore e alle allusioni letterarie e torna alla mitologia greca solo negli anni Settanta, nel suo ultimo romanzo su Miss Marple. Il libro si intitola Miss Marple: Nemesi, in linea con l’intenzione dell’autrice di indicare chiaramente l’ipotesto di cui si avvale. Tuttavia, non sono solo vent’anni a separare il romanzo dai suoi precedenti racconti. Anche la formula che utilizza è nuova.

In primo luogo, non ci sono storie note su Nemesi nella mitologia greca. Era onorata come dea del castigo e talvolta citata come madre di Elena di Troia, ma non esistono miti direttamente associati a lei. Secondo Mesomede di Creta, il suo aspetto non presentava caratteristiche degne di nota, a parte le ali. Era parente di Cloto, Lachesi e Atropo, le Moire che tessevano e tagliavano il filo della vita per ogni mortale. I greci ritenevano fossero sorelle e di solito le ritraevano come donne anziane vestite di bianco. […]

In Miss Marple: Nemesi, le allusioni alle creature mitologiche sono chiare, perché Miss Marple viene chiamata Nemesi dal milionario defunto Jason Rafiel che la vuole per risolvere il caso di un vecchio omicidio. Le principali sospettate sono tre anziane sorelle dai nomi notevoli: Clotilde (la maggiore), Lavinia e Anthea (la più giovane). I nomi sono allusioni alle Moire, così come il fatto che le tre sono sorelle e vivono insieme. Clotilde ricorda a Miss Marple Clitennestra, mentre Anthea ricorda Ofelia.

La Christie sperimenta un nuovo modo di creare allusioni agli eroi mitologici dando ai suoi personaggi nomi parlanti, anche se non così ovvi come Hercule o Atlante in Le fatiche di Hercule. Allo stesso tempo, l’aspetto del personaggio diventa meno significativo; Miss Marple e le Bradbury-Scott sono descritte come donne anziane senza alcuna peculiarità dei loro prototipi.

Miss Marple: NemesiLe tre sorelle Bradbury-Scott non svolgono le funzioni delle Moire perché non amano filare o fare alcun lavoro di cucito (è Miss Marple quella che si diverte a lavorare a maglia), ma una di loro è sicuramente colpevole di diversi omicidi, ed è compito di Miss Marple smascherarla.

Nel romanzo, l’autrice non usa la trama di nessun mito greco; infatti, la tragica storia di Verity Hunt e Michael Rafiel si basa su Romeo e Giulietta con Miss Temple come infermiera e l’arcidiacono Brabazon come frate Lorenzo. Le immagini di dee ed eroi antichi vengono usate per fuorviare i lettori alla ricerca di allusioni alla mitologia greca.

Nota:
I racconti brevi citati sono stati pubblicati in italiano nelle seguenti raccolte:
Il volto di Elena nella raccolta Il misterioso Signor Quin;
L’oracolo di Delfi
nella raccolta Parker Pyne indaga;
Il villino degli usignoli nella raccolta Testimone d’accusa e altre storie.

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L’adattamento giapponese di Assassinio sull’Orient-Express

Orient-Express GiapponeAmbientata nel 1933 a Shimonoseki, questa versione televisiva giapponese di Assassinio sull’Orient-Express di Agatha Christie è andata in onda in Giappone nel 2015 ed è suddivisa in due episodi di oltre due ore.

La sceneggiatura è di Kōki Mitani, specializzato nella slapstick comedy e noto per aver realizzato, nel 1991, con la compagnia teatrale Tokyo Sunshine Boys, la parodia Twelve Gentle Japanese basata su La parola ai giurati di Reginald Rose (in questa versione i giurati, all’inizio, votano tutti “innocente” tranne uno). Il protagonista, per ovvi motivi, non si chiama più Hercule Poirot ma Suguro Takeru, anche se non mancano i classici baffi. L’Orient-Express diventa Touyou Express e gli altri personaggi hanno nomi giapponesi, anche se si è comunque cercato di mantenere un’affinità con quelli originali, per esempio Boku invece di Bouc, Hirude al posto di Hildegarde.

La trama riprende fedelmente il celebre romanzo adattandolo al contesto giapponese, ma non si limita a questo. Se il primo episodio, infatti, sembra quasi un remake del film del 1974 di Sidney Lumet, il secondo ribalta la prospettiva e narra la medesima storia dal punto di vista degli assassini, partendo dal movente e passando per la preparazione dell’omicidio e la sua esecuzione, in un lungo flashback mentre sono sempre a bordo del treno bloccati dalla neve e dopo essere stati smascherati dall’investigatore. In questo secondo episodio si sente di più la mano dello sceneggiatore, per cui il dietro le quinte di un omicidio è materiale di interesse visto che dal 1994 al 2006 ha sceneggiato la serie televisiva Furuhata Ninzaburō, versione giapponese di Colombo, in cui però gli spettatori, prima della fine, erano invitati a indovinare gli indizi che avevano suggerito al poliziotto l’identità del colpevole, la modalità di esecuzione e la trappola da utilizzare per stanarlo.

La versione giapponese di Assassinio sull’Orient-Express è visibile online, purtroppo senza sottotitoli italiani o inglesi, suddivisa in sei parti, tre per la prima puntata e tre per la seconda. Non poter capire quello che dicono non aiuta, ma avendo letto il libro, visto uno dei film più noti o conoscendo già la storia credo sia comunque una visione godibile, anche per fare un confronto su come gli occidentali hanno trasposto il romanzo in film e lo stile giapponese, che pur calcando quella storia è comunque radicalmente diverso. Di sicuro il secondo episodio è più complicato da seguire visto che narra sì una storia già nota ma non c’è un precedente né narrativo né visivo. Malgrado questo, credo si possa provare ugualmente a guardarlo sempre per quanto detto sopra in riferimento al confronto fra culture.

Orient-Express Giappone

(Le informazioni qui sopra riportate sono in parte tratte dal blog specializzato ho-lingnojikenbo)

Questi i link alle diverse parti della versione televisiva:

oriento kyuko satsujin jiken episodio uno prima parte

oriento kyuko satsujin jiken episodio uno seconda parte

oriento kyuko satsujin jiken episodio uno terza parte

oriento kyuko satsujin jiken episodio due prima parte

oriento kyuko satsujin jiken episodio due seconda parte

oriento kyuko satsujin jiken episodio due terza parte

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Agatha Christie: radio, video e audiolibri

Si segnalano qui di seguito programmi radiofonici, video di Raiplay, audiolibri di Youtube incentrati su Agatha Christie e i suoi romanzi.

Programmi radiofonici:

Agatha Christie RadioLa grande radio. Agatha Christie. Ritratto di Signora in giallo.
Data del programma: 21/12/2015
Interventi di Orio Caldiron, Renato Olivieri, Renè Reggiani, Lia Volpatti.
Durata: 45 minuti.
https://www.raiplayradio.it/audio/2015/12/La-grande-radio-Agatha-Christie-Ritratto-di-signora-in-giallo-de8d8de2-36ca-4aa4-86e7-f984002fd5f4.html

Wikiradio, puntata dedicata ad Agatha Christie nell’anniversario della sua morte
Data del programma: 12/01/2016
Voce di Gianluca Favetto.
Durata: 30 minuti.
Frammenti di repertorio presenti nella trasmissione:
1) Frammento tratto da La storia in giallo: Agatha Christie – Archivio Radio3 RAI;
2) Frammento tratto da La sparizione del signor Davenheim – La grande radio – Archivio Radio3 RAI;
3) Frammento tratto da Assassinio sull’Orient Express (Murder on the Orient Express, film del 1974 diretto da Sidney Lumet, tratto dall’omonimo romanzo di Agatha Christie). Il protagonista (Poirot) è interpretato da Albert Finney;
4) Frammento tratto dalla serie televisiva britannica Miss Marple (Agatha Christie’s Marple). Nella serie Miss Marple è stata interpretata dall’attrice Geraldine McEwan – puntata C’è un cadavere in biblioteca – Archivio RAI;
5) Frammento con la voce di Agatha Christie tratta da Donne straordinarie: Agatha Christie – documentario realizzato da WMR in associazione con BBC Worldwide – Archivio Rai Storia.
https://www.raiplayradio.it/audio/2016/01/Agatha-Christie—Wikiradio-del-12012016-33260e5e-4e3c-424b-bd1d-d7a741a5ad81.html

Gettoni di letteratura, Agatha Christie
Data del programma: settembre 2019
Episodi di cinque minuti l’uno incentrati su diversi argomenti riguardanti l’autrice.
1) Il primo Poirot;
2) Agatha fa surf;
3) Sparita nel nulla;
4) Vita da archeologa;
5) La signora dei veleni.
https://www.raiplayradio.it/playlist/2019/09/Gettoni-di-letteratura-Agatha-Christie-ef26a9cc-7141-4428-a323-c53d8c360949.html

Agatha Christie locandinaRaiplay video (accessibili collegandosi con il proprio account Facebook):

Agatha Christie vs. Hercule Poirot
Data del programma: gennaio 2019.
Dopo un’introduzione sulla vita dell’autrice, Pierre Bayard parla della sua decostruzione del romanzo di Agatha Christie L’assassinio di Roger Ackroyd.
Durata: 57 minuti.
https://www.raiplay.it/video/2019/01/Agatha-Christie-vs-Hercule-Poirot-33f56549-b014-44d3-ad7e-33ec4a5afe36.html

Punto di svolta
Data del programma: marzo 2019
Episodio incentrato sulla vita e i romanzi della scrittrice.
Durata: 49 minuti.
https://www.raiplay.it/video/2019/03/Punto-di-svolta-Agatha-Christie—E3-333d19ff-e7c9-4f92-b208-9f44b98e7d2d.html

Canale Youtube:

Radio Cicap, Che fine ha fatto Agatha Christie?
Data del programma: 05/12/2019
Conversazione incentrata sulla celebre sparizione di Agatha Christie.
Durata: 75 minuti.
Il video è disponibile qui.

Assassinio sull'Orient-ExpressAudiolibri in italiano e inglese
Sempre su Youtube è possibile ascoltare diversi audiolibri completi delle opere dell’autrice, sia in italiano che in inglese. Tra i titoli disponibili: Assassinio sull’Orient-Express (letto da Massimo Popolizio); Hercule Poirot indaga: La disavventura del nobile italiano; Evil under the Sun; Dieci piccoli indiani (letto da Andrea Arcoraci); Testimone d’accusa; One, Two, Buckle my Shoe; Death on the Nile; Passenger to Frankfurt; Dead Man’s Folly; A Caribbean Mystery; The Mystery of the Blue Train; The Hollow; The Secret Adversary; The Thirteen Problems; Hallowe’en Party; Dead Man’s Mirror; Mrs. McGinty’s Dead; Cat among the Pigeons; The Murder of Roger Ackoyd; The Murder on the Links; Sad Cypress.

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Agatha Christie, io ti assolvo

Articolo tratto da L’Unità, 04 luglio 1984. L’autore è Giuseppe Petronio.

Agatha ChristieIl “processo alla regina”, cioè ad Agatha Christie, tenutosi a Cattolica i giorni scorsi, è stato, nella forma, un gioco: un gioco di società per intellettuali, con un giudice, la pubblica accusa, la difesa, i testimoni a carico e a discarico, i periti. Un gioco che poteva essere divertente, ma in cui pareva essere implicito il rischio di una mondanità tutta epidermica, da salotto “intellettuale” d’estate.

Invece, è stato assai più, ed è diventato un dibattito che dalla Christie si è allargato a discutere del “giallo”, di questi generi che non si sanno come chiamare e che perciò si chiamano in cento modi, della letteratura e della critica. E gran parte del merito va agli organizzatori, che avevano coinvolto nel “processo” persone di tutte le professioni e le arti, diversissime per temperamento e cultura. Presidente era chi scrive questa nota; per pubblico accusatore Renée Reggiani, avvocato difensore Rosellina Balbi, cancelliere Giorgio Gosetti; tra i testimoni e i periti c’erano critici (Guido Almansi, Alfredo Giuliani, James Barnett), rappresentanti di case editrici (Gian Franco Orsi, Lia Volpatti), scrittori (Corrado Augias, Christianna Brand), esperti della televisione e del cinema (Christ Steinbrunner, Claudio Fava), giornalisti televisivi (Vieri Razzini, Alvise Sapori), biografi della scrittrice, persone che l’hanno conosciuta. E c’era quell’Oreste Del Buono il cui nome è tutt’uno con la storia del “giallo” in Italia. E già questo impianto è interessante, perché mi pare che configuri il profilo dei convegni o congressi a venire, in questa età dei mezzi di comunicazione di massa: un incontro e incrocio di esperienze diverse, una collaborazione di tutti gli strumenti possibili, un intrecciarsi di ricerca e di informazione, e dunque uno sfaccettamento del tema per esaminarlo da tutti i punti di vista.

Animato da tante voci diverse il dibattito pareva, qualche momento, disperdersi, ma non è stato difficile ricondurre interventi e battute ad alcuni temi centrali. E così, nelle due sedute, si sono sentite ribadire le accuse e le difese che si ripetono da decenni su questi temi in generale, sulla Christie in particolare. Per comodità, le raggrupperò, come in un bilancio, su due colonne.
Accusa: i libri della Christie e di tanti altri giallisti non sono realistici; i cadaveri non sanguinano, non puzzano, non fanno impressione, manca il brivido.
Difesa: ma perché dovrebbero far rabbrividire, perché dovrebbero essere realistici, offrire atmosfere e caratteri, se essi sono stati (da Conan Doyle a tutti gli anni Venti) un gioco intellettuale, una partita a scacchi, in cui il criminale sfida l’acume dell’indagatore, e lo scrittore quello del lettore?

Agatha Christie

Accusa: la Christie scrive male, non ha “stile”, altera la storia e la geografia, crea una società di maniera che non esiste e che forse non è esistita mai.
Difesa: e perché, in libri che non sono né vogliono essere realistici, non si potrebbe alterare, qualche volta, la storia e la geografia? Non lo faceva anche Shakespeare? E se la sua è una maniera, non lo è anche di quel Simenon e Chandler che alcuni le opponevano polemicamente? E che cosa significa “avere uno stile”, “scrivere bene o male”? E non è vero che il suo stile è funzionale al suo modo di raccontare e al suo mondo? Non è vero (vi hanno insistito soprattutto Robert Barnard e Christianna Brand: due inglesi e scrittori, per giunta!) che quella scrittura è tutt’uno con quel raccontare? E non c’è in quei libri (lo ha osservato con finezza Corrado Augias) un profumo di vecchia Inghilterra, di Old England, di una Inghilterra vittoriana che non vuole morire?

Accusa: ha mille difetti.
Difesa: ha milioni di lettori; ventiquattromilioni di volumi venduti in Italia, centinaia di milioni nel mondo.

Accusa: non è letteratura.
Difesa: ma che cos’è la letteratura?

Ed eccoci così al dunque, al nocciolo della questione, al punto obbligato in cui si arriva sempre, da anni, ogni volta che dibattiamo di queste cose. Da una parte una concezione della letteratura non dirò limitata, ma certo snobistica, pseudo aristocratica (pseudo, perché non è più l’espressione di una reale aristocrazia, come era una volta), che giudica e assolve o condanna (più spesso condanna!) in nome di alcuni elementi o valori che essa promuove a soli valori assoluti; dall’altra, una concezione che si sforza di cogliere tutti i valori, quali e dovunque essi siano, e che, soprattutto, piuttosto che assolvere o condannare, vuole capire.

Agatha Christie

Sono più di cento anni che il “giallo” esiste, ed è un fenomeno di massa, e ha entusiasmato ed entusiasma milioni, centinaia di milioni di uomini di tutti i paesi, e ha dato libri adattati in riduzioni cinematografiche e televisive di alto valore. E ha dato all’immaginario collettivo, di noi tutti, personaggi (Sherlock Holmes, Poirot, Miss Marple, Maigret, Marlowe) che sono vivi nelle fantasie e nei ricordi come quelli degli scrittori più grandi o diffusi (Amleto, Otello, Pinocchio) o dei più grandi registi (Charlot). Si possono condannare quei libri solo perché – è stato detto – “io non riesco a leggerli”, perché la loro prosa è lutulenta, la loro scrittura goffa, perché la Christie, nel caso specifico, non ha una poetica, è non una “scrittrice” ma una “scrivente”? Cioè, traduciamo, perché non è di quegli scrittori per i quali scrivere significa innovare, o tentare di innovare, stilisticamente?

A battersi in questa ridotta erano, soprattutto, Guido Almansi e Alfredo Giuliani; dalla parte opposta, un po’ tutti; specialmente, a gradi diversi di consapevolezza teorica e di precisione espressiva, Oreste Del Buono, Robert Barnard, Rosellina Balbi, Corrado Augias, il sottoscritto. E anche qui, per brevità e comodità, raccolgo e schematizzo le tesi. Il “giallo”, il fenomeno del “giallo”, non va accettato o respinto in nome di gusti personali (“non riesco a leggerlo”, “mi diverte”) o di una concezione preconcetta dello “stile” e della “letteratura”. È un fenomeno sociale e letterario (è narrazione, racconto, invenzione, dunque è letteratura), ma va studiato e analizzato, con un pizzico, anche, di umiltà: se qualcosa non piace a me, ma piace a milioni di persone, vorrò avere il sospetto, almeno il sospetto, che sono io a sbagliare?

Il “giallo” – seconda tesi – astrattamente non esiste. Esistono i “gialli”. Cioè, il “giallo” è un genere letterario, con una sua storia ormai centenaria, con tante correnti (e dunque poetiche!) al suo interno, con uno svolgimento che accompagna a capello lo svolgimento di tutta la letteratura occidentale dal 1850 a oggi, e quindi, di tutta la nostra società occidentale. E paragonare la Christie a Simenon è tanto assurdo quanto paragonare Zola a Proust, Verga a Svevo: sono due mondi, e non solo letterari.

Agatha ChristieLa letterarietà del “giallo” (terza tesi) non va riportata, allora, a un’astratta letterarietà, elaborata da questa o quella scuola di critica, ma alle sue motivazioni interne, diverse di fase in fase, alle sue ragioni di poetica, agli effetti che voleva, di volta in volta, raggiungere.

Il che significa poi (quarta tesi) che infiniti “gialli” sono rozzi, volgari, ripetitivi, non problematici, ecc… ecc…, come in tutte le migliori famiglie, come anche nei generi “alti”. E ce ne sono altri invece (ma per trovarli bisogna leggerli!) seri, interessanti, vivi, problematici, ecc… ecc… come in tutti gli altri generi.

“Elementare, Watson, elementare”, diceva Sherlock Holmes. O no?

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Assassinio allo specchio adattato per il teatro

The Mirror CrackedIl presente articolo è tratto dal quotidiano The Guardian, 04 marzo 2019. L’autrice è Arifa Akbar. La traduzione è mia. Courtesy of Guardian News & Media Ltd.

In una stanza vuota, una donna anziana dorme su una poltrona, la caviglia distorta distesa su un poggiapiedi. Potrebbe essere un’istantanea della Gran Bretagna solitaria di epoca moderna. Ma la donna è Jane Marple e, mentre le luci si alzano, questo giallo di Agatha Christie del 1962 ambientato in un villaggio esplode in una vicenda ad alto numero di ottani praticamente inarrestabile.

La drammaturga Rachel Wagstaff e la regista Melly Still hanno dovuto compiere scelte temerarie in questo adattamento di alto concetto che in alcuni passaggi sembra un reboot della serie tv su Miss Marple.

Marina Gregg, starlet di Hollywood, si trasferisce a St Mary Mead e una paesana muore avvelenata durante un suo cocktail party. Mentre Miss Marple (Susie Blake) e l’Ispettore capo Dermot Craddock (Simon Shepherd) si mettono a fare le loro indagini, sul palcoscenico si ricorre a ogni tropo cinematografico: il cast riproduce l’istante dell’avvelenamento e replica altre scene cardine in slow motion, in modalità avanzamento veloce o con il replay. Il passato è raffigurato in istantanee con incluse esplosioni smorzate di musica al cardiopalma. La scenografia di Richard Kent presenta una parete di fondo trasparente che mostra altri avvenimenti drammatici attraverso silhouette o sequenze filmiche.

L’effetto generato è di incessante movimento, con gli attori che sembrano automi mentre prendono vita per poi ricadere o bloccarsi nell’immobilità. All’inizio, un personaggio chiede: “Sapete già chi è il colpevole?”. È difficile capire se la produzione vuole essere un omaggio ai gialli sullo schermo o farne la parodia attraverso un pastiche stilizzato.

Il finale mostra un delitto scaturito da una celata sofferenza, maternità e perdita, ma è privo di quella valuta emotiva di cui ha bisogno (e che il film del 1980 con Elizabeth Taylor e Angela Lansbury possedeva). Questo perché si ha l’impressione che gli attori siano stati diretti come ingranaggi del macchinario drammaturgico.

The Mirror Cracked (una scena)

La pièce presenta un’intelligente analisi delle donne di Agatha Christie, dalle madri anticonformiste alle figlie orfane di madre; accanto alle vulnerabilità della stessa Jane Marple nel suo essere un’anziana “zitella”. La Gran Bretagna in rapida evoluzione è ben colta nelle reazioni snob e scioviniste degli abitanti del villaggio ai nuovi complessi residenziali, al cameriere italiano di Hollywood e alla vista delle donne in pantaloni. Purtroppo, queste tematiche sono attenuate dal costante movimento. La conseguenza è una produzione frustrante, anche se non priva di audacia visiva e in grado, a volte, di stupire.

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Agatha Christie sotto pseudonimo: Nell e Jane o Il pane del gigante

Basta romanzi polizieschi, volevo cambiare genere. Così, con qualche senso di colpa e una buona dose di compiacimento, mi accinsi a scrivere un romanzo che intitolai Giant’s Bread. La musica era il tema del libro, e questo faceva affiorare a tratti la mia scarsa conoscenza specialistica nel campo. Comunque fu accolto favorevolmente dalla critica e, per essere un’opera prima, perché tale risultava, ebbe un certo successo di vendita. Lo firmai col nome di Mary Westmacott e per quindici anni riuscii a tenere nascosta la mia identità.
(Agatha Christie, La mia vita, traduzione di Maria Giulia Castagnone per Mondadori, Milano 1978, p. 551)

Sintesi: Sebastian Levinne, proprietario del Teatro nazionale dell’opera di Londra, di origini ebraiche, allestisce per la serata inaugurale Il gigante, del compositore Boris Groen. Dopo la rappresentazione, l’anziano ed esperto critico Carl Bowerman scambia alcune parole con lui e gli confessa di aver riconosciuto in Groen lo stile compositivo degli inglesi. Questo spinge Levinne a ricordare, ma non a rivelare, la storia del musicista Vernon Deyre, dall’infanzia all’età adulta, del suo odio per la musica destinato a trasformarsi in amore viscerale e delle donne che hanno segnato la sua vita, in particolare Josephine, Nell e Jane.

Nell e Jane (Giant's Bread)Curiosità:
1)
Il titolo originale è tratto dalla prima quartina della nota fiaba inglese Jack and the Beanstalk (Jack e la pianta di fagioli o anche Jack e il fagiolo magico): Fee-fi-fo-fum,/I smell the blood of an Englishman,/Be he alive, or be he dead/I’ll grind his bones to make my bread. In italiano, nella versione di Bruno Oddera, è stata resa nel modo seguente: Imi, ami, emi, ane/dell’uomo mortale il sangue io fiuto,/sia egli vivo, oppure deceduto/ne macinerò le ossa per farmi il pane. La versione italiana più nota è invece quella che recita: Ucci, ucci, sento odor di cristianucci./Che sia grande oppur piccino, io mi faccio un bel panino.
2) Il volume è dedicato alla madre di Agatha Christie: To the memory of my best and truest friend, my mother.
3) In questo romanzo Agatha Christie rende molto più esplicito l’atteggiamento antisemita degli inglesi nei confronti degli ebrei. Vedesi ad esempio il passaggio seguente: Da qualsiasi parte ci si voltasse, si finiva con l’imbattersi nell’opulenza e nella generosità dei Levinne. La gente cominciò a dire: “Sì, certo, sono impossibili, però la signora Levinne è straordinariamente gentile”. […] “Oh, naturalmente sono ebrei! Ma è forse assurdo avere dei pregiudizi. Vi sono state alcune ottime persone tra gli ebrei”. Correva voce che il Vicario avesse detto, in risposta: “Come Gesù Cristo”. Ma nessuno ci credeva sul serio.
(pag. 96, traduzione di Bruno Oddera per Mondadori, Milano 2012)

Riferimenti intertestuali:

1) Riferimento ai noti compositori britannici Gustav Holst (1874-1934), Ralph Vaughan-Williams (1872-1958) e Arnold Bax (1883-1953):
Vi sono stati pionieri prima di lui, persone che hanno tentato, sperimentalmente, le cose compiute da lui. Abbiamo avuto una nostra scuola inglese, Holst, Vaughan-Williams, Arnold Bax. In tutto il mondo i musicisti si sono avvicinati al nuovo ideale. L’assoluto nella musica. Quest’uomo è il diretto successore del ragazzo che perdette la vita in guerra, come si chiamava? Deyre…
(pag. 12, traduzione di Bruno Oddera per Mondadori, Milano 2012)

2) Riferimento all’opera del romanziere George Meredith (1828-1909) The Tale of Chloe, An Episode in the History of Beau Beamish, in cui compare il personaggio di Susan, lattaia diventata duchessa di Dewlap dopo aver sposato un anziano duca:
Nella camera dei bambini dilagarono il silenzio e la tranquillità. Susan emise un sospiro di sollievo. Tolse da un cassetto un libro in brochure intitolato Il duca e la lattaia.
(pag. 37, traduzione di Bruno Oddera per Mondadori, Milano 2012)

3) Riferimento al personaggio di Robinson Crusoe di Daniel Defoe (1660-1731):
Accanto a lui, visibilissimo nella sua immaginazione, v’era Barboncino, vestito come Robinson Crusoe nel libro illustrato.
(pag. 39, traduzione di Bruno Oddera per Mondadori, Milano 2012)

4) Riferimento alla canzone Occhi d’agoni intonata dal Cavaliere bianco in Alice attraverso lo specchio di Lewis Carroll (1832-1898). Uno dei versi, Come, tell me how you live!, diventerà il titolo della breve autobiografia di Agatha Christie incentrata sui viaggi da lei compiuti. In italiano, Viaggiare è il mio peccato:
“Ho sistemato tutto, Jane”, fece. “Radmaager verrà qui da te, domani. A quanto pare preferisce regolarsi così”.
“Suvvia, ditemi come vivete, esclamò lui” citò Jane. “Beh, vivo molto onestamente e rispettabilmente, del tutto sola! Ti va di mangiare un boccone, Sebastian?”.
(pag. 193, traduzione di Bruno Oddera per Mondadori, Milano 2012)

Nell e Jane (Giant's Bread)5) Riferimento a due passaggi del capitolo Il grande inquisitore del romanzo I fratelli Karamazov di Fëdor Michajlovič Dostoevskij (1821-1881): Primo passaggio: The flock will collect again and submit once more, and then it will be forever, forever. We will give them a quiet modest happiness.
Secondo passaggio: And we alone, we who guard the mystery, we alone shall be unhappy. There will be thousands of millions of happy children and only a hundred thousand martyrs who have taken on themselves the curse of good and evil.
La vita sta diventando troppo difficile, troppo pericolosa per l’individuo. Che cosa dice Dostoevskij, in uno dei suoi libri?
“Il gregge si formerà di nuovo e si sottometterà una volta di più, e poi continuerà a sottomettersi per sempre e per sempre. Gli daremo una tranquilla, modesta felicità”. […]
Ho trovato l’altro brano di Dostoevskij. Credo sia quello al quale ti riferisci tu.
“E noi soli, noi che custodiamo il mistero, noi soli saremo infelici. Esisteranno migliaia di milioni di fanciulli felici e soltanto centomila martiri che si saranno assunti la maledizione del bene e del male”.
(pag. 374, traduzione di Bruno Oddera per Mondadori, Milano 2012)

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Sipario, l’ultima avventura di Poirot (Curtain: Poirot’s Last Case)

Sintesi: Arthur Hastings riceve una lettera dal suo caro amico Hercule Poirot che gli comunica di trovarsi a Styles Court, dove tutte le loro avventure sono cominciate, e che lo invita a raggiungerlo al più presto. Hastings arriva sul posto, dove si trova anche sua figlia Judith, e trova l’amico molto invecchiato e ammalato. Poirot gli racconta la storia di cinque omicidi, avvenuti in località diverse e commessi da persone diverse, il cui indiretto responsabile, tale signor X, si trova a Styles Court. L’investigatore belga è fermamente deciso a catturarlo ma si rifiuta di rivelare a Hastings il nome di questa persona. L’ex collaboratore di Poirot dovrà quindi intraprendere un’indagine per conto proprio nella speranza di riuscire a scoprire chi sia il principale indiziato.

Curiosità:
1)
Agatha Christie riporta Poirot a Styles Court, riprendendo l’ambientazione del primo romanzo, e determina la sua fine giocando con William Shakespeare, da lei molto amato, e con i riferimenti all’Otello e al personaggio di Iago, che in quel periodo la ossessionava (a questo proposito vedesi il volume di Laura Thompson, Agatha Christie: An English Mystery, in cui si parla nei dettagli di quando Agatha Christie, nel 1942, vide Otello all’Old Vic Theatre).
È, probabilmente, il più triste addio della storia della letteratura ma anche uno dei migliori finali che siano mai stati scritti per un personaggio.
2) Nel capitolo tredici Arthur Hastings si mette a risolvere un cruciverba del Times le cui risposte, determinate da definizioni criptiche, sono direttamente collegate alla situazione che i personaggi stanno vivendo (amante, tormento, morte, Iago (nel suo simboleggiare la gelosia). Nella versione italiana quasi tutte le definizioni, salvo l’ultima riguardante Shakespeare, sono state adattate con conseguente modifica delle risposte (mortaio, compassi, storia, Iago) . Gli originali sono i seguenti:
– Even love or third party risk: Paramour.
– The chaps between the hills are unkind: Tormentor.
– And Echo whatever is asked her answers…: Death.
– Jealousy is a green-eyed monster, this person said: Iago.
3) Nell’ultima stagione della nota serie tv interpretata da David Suchet, l’episodio è stato girato prima degli altri quattro che l’hanno preceduto nella messa in onda (Gli elefanti hanno buona memoria, Poirot e i quattro, Le fatiche di Hercule e La sagra del delitto) per permettere all’attore di perdere peso a sufficienza per rappresentare il deperimento fisico di Poirot in seguito al grave stato di salute (Cfr. David Suchet, Poirot and me, Headline Publishing Group, London 2013, pp.316-319).

Poirot (Curtain)Riferimenti intertestuali:

1) Riferimento alla morale della poesia The needless alarm di William Cowper (1731-1800): The darkest day, lived till tomorrow, will have passed away:
Mi alzai dalla poltrona. Ero incredulo, sbigottito, scontento di me… e soprattutto mi sentivo sollevato.
Non ricordo più chi fu a scrivere: “Anche il giorno più triste, vissuto fino all’indomani, diventa passato”. Com’è giusta questa considerazione!
(pag. 127, traduzione di Diana Fonticoli per Mondadori, 2014)

2) Riferimento a un verso della poesia di Lord Alfred Tennyson (1809-1892) Maud (Part I): I HATE the dreadful hollow behind the little wood,/Its lips in the field above are dabbled with blood-red heath,/The red-ribb’d ledges drip with a silent horror of blood,/And Echo there, whatever is ask’d her, answers “Death”. (N.b. Lo stesso verso darà il titolo al romanzo di Agatha Christie The hollow (in italiano Poirot e la salma).Nella versione italiana, il riferimento a Tennyson viene sostituito con un riferimento a James Joyce, History is a nightmare from which I am trying to awake, tratto dall’Ulisse; Agatha Christie, però, non ha mai citato James Joyce in nessuna delle sue opere).
Elizabeth Cole osservò: “La citazione di Joyce è “La storia è un incubo da cui tento di svegliarmi”.
Sentii qualcuno muoversi alle mie spalle. Alzai la testa, era Judith, che mi passò accanto per uscire sul balcone.
(pag. 139, traduzione di Diana Fonticoli per Mondadori, 2014)

3) Citazione di due battute dell’Otello di William Shakespeare, atto terzo, scena terza: Oh, beware, my lord, of jealousy!/It is the green-eyed monster which doth mock/The meat it feeds on. E Not poppy nor mandragora/Nor all the drowsy syrups of the world,/Shall ever medicine thee to that sweet sleep/Which thou owedst yesterday:
Farfugliai qualcosa a proposito della definizione e ripresi a sfogliare le pagine: Sì, era proprio Iago. “Oh, guardatevi dalla gelosia, mio signore;/È un mostro dagli occhi verdi che dileggia/Il cibo di cui si nutre”.
Judith lesse qualche altro verso:
“Né mandragola, né papavero,/Né tutti i sonniferi del mondo,/Varranno a ridarti il dolce/Sonno tuo, di ieri sera”.
(pp. 140-141, traduzione di Diana Fonticoli per Mondadori, 2014)

4) Riferimento alla pièce in quattro atti John Ferguson (1915) di St John Greer Ervine (1883-1971):
Nella valigetta trovai l’Otello di Shakespeare in edizione economica e il John Ferguson di St John Ervine. Al terzo atto, c’era un segnalibro.
(p. 182, traduzione di Diana Fonticoli per Mondadori, 2014)

Poirot (Curtain)5) Riferimento alla storia di Giuditta e Oloferne, contenuta nel Libro di Giuditta (N.B. Lo stesso riferimento compare anche nel romanzo Poirot e la strage degli innocenti):
Quella sera, qualcuno aveva detto che Judith somigliava alla sua omonima eroina biblica poco prima che mozzasse la testa a Oloferne. La mia Judith… con la morte nel cuore?
(p. 185, traduzione di Diana Fonticoli per Mondadori, 2014)

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Agatha Christie sotto pseudonimo: Il deserto del cuore (Absent in the Spring)

Pubblicato nel 1944, e appartenente alla serie di sei volumi composti da Agatha Christie sotto lo pseudonimo di Mary Westmacott, Il deserto del cuore (Absent in the Spring) è un libro fuori dall’ordinario.

Non si tratta di un romanzo giallo e nemmeno di un romanzo d’amore, anche se alcuni insistono nel definirlo tale, ma piuttosto andrebbe classificato come un tentativo dell’autrice di scrivere una storia d’introspezione.

Realizzato in soli tre giorni, perché Agatha Christie sentiva l’urgenza di mettere su carta il suo impulso creativo (vedesi La mia vita, Mondadori Editore, Milano 1978, pp.585-586), il volume ha per protagonista Joan Scudamore, donna di mezza età che, con suo massimo orgoglio, dimostra a malapena trent’anni. Non è arrogante né vanitosa, ma ha un’opinione talmente alta di sé da comportarsi come se avesse un velo perennemente calato davanti agli occhi. È convinta di essersi costruita un’esistenza felice e di aver assicurato la medesima felicità al marito e ai tre figli. Si sente in dovere di giudicare gli altri e non perde occasione di compatire amiche o conoscenti quando ritiene che conducano una vita triste e squallida. Sennonché, all’improvviso, le sue convinzioni iniziano a vacillare quando si ritrova sola e isolata, per una settimana, in una rest house nel deserto durante un viaggio di ritorno da Baghdad a Londra dopo essere andata a trovare la figlia minore. Man mano che la protagonista compone il suo puzzle fatto di ricordi e di situazioni apparentemente insignificanti, agli occhi del lettore si palesa l’amara verità: il quadretto idilliaco è in realtà fasullo e ogni membro della famiglia, per citare, Tolstoj, è infelice a modo suo.

Questo ritratto di donna, scritto certamente in uno stile meno impegnato rispetto alle opere più note di Agatha Christie, porta in superficie quel disagio che ognuno di noi prova quando, per diverse ragioni, viene spinto a mettere in discussione la frenesia della quotidianità e d’improvviso si chiede qual è l’opinione che gli altri hanno di lui e se certi suoi comportamenti non hanno forse causato l’infelicità di altri.

È forse il romanzo della scrittrice in cui si respira maggiormente un’aria shakespeariana, anche per i riferimenti ai sonetti e alle opere dell’autore.

Il deserto del cuore (Absent in the Spring)Curiosità:
1)
Il titolo originale si riferisce al verso iniziale del Sonetto 98 di William Shakespeare: (From you have I been absent in the spring,/When proud-pied April, dressed in all his trim,/Hath put a spirit of youth in everything,/That heavy Saturn laughed and leaped with him): In primavera fui da te lontano/quando il leggiadro Aprile, tutto vestito a festa,/suscitava in ogni cosa un tale brio di gioventù/che rideva anche Saturno e con lui danzava.

2) Il romanzo contiene un riferimento al Cimbelino di William Shakespeare poi ripreso, identico, dalla romanziera P.D. James nel suo romanzo Morte sul fiume (1994).

Riferimenti intertestuali:

1) Riferimento al romanzo di John Buchan (1875-1940) La centrale elettrica (The Power-House, 1916):
Passò in rassegna i libri che aveva con sé: Lady Catherine, naturalmente. E un romanzo giallo che William le aveva dato all’ultimo momento. Gentile da parte sua, ma lei non era una lettrice di romanzi polizieschi. E poi, La centrale elettrica di Buchan, un libro molto vecchio, che lei aveva già letto anni prima.
(pag. 41, traduzione di Hilia Brinis per Mondadori, Milano 2010)

2) Riferimento al soliloquio di Porzia nell’atto IV, scena prima, del Mercante di Venezia di William Shakespeare (The quality of mercy is not strained; It droppeth as the gentle rain from heaven):
Un tempo conosceva una quantità di poesie a memoria: La clemenza ha questa qualità, non è forzata; scende come pioggerella dal cielo…
(pag. 65, traduzione di Hilia Brinis per Mondadori, Milano 2010)

3) Riferimento al Cimbelino di William Shakesepare, atto IV, scena seconda, battuta di Guiderio (Fear no more the heat o’ the sun,/Nor the furious winter’s rages;/Thou thy worldly task hast done,/Home art gone, and ta’en thy wages:/Golden lads and girls all must,/As chimney-sweepers, come to dust):
Non ti spaventerà più la canicola… Quei versi cominciavano in modo confortante, se non altro! Già, ma il resto com’era?… la furia scatenata dell’inverno, la tua missione terrena è finita, il tuo compenso è nella casa eterna. Tutti i ragazzi d’oro e le fanciulle tenere come spazzacamini, devon finire in cenere.
(pag. 65, traduzione di Hilia Brinis per Mondadori, Milano 2010)

Il deserto del cuore (Absent in the Spring)4) Riferimento al Sonetto 116 di William Shakespeare (Let me not to the marriage of true minds/Admit impediments. Love is not love/Which alters when it alteration finds,/Or bends with the remover to remove./O no! it is an ever-fixed mark/That looks on tempests and is never shaken;/It is the star to every wand’ring bark,/Whose worth’s unknown, although his height be taken./Love’s not Time’s fool, though rosy lips and cheeks/Within his bending sickle’s compass come;/Love alters not with his brief hours and weeks,/But bears it out even to the edge of doom./If this be error and upon me prov’d,/I never writ, nor no man ever lov’d):
E, dopo un attimo di pausa, aveva recitato: Non sia mai ch’io metta impedimenti al matrimonio/di due anime fedeli; amore non è amore/se muta quando nell’altro scorge mutamenti,/o se tende a recedere quando l’altro si allontana./Oh, no! Esso è termine fisso/che domina le tempeste e non vacilla mai;/esso è la stella di ogni sperduta barca,/il cui potere è ignoto, pur se ne misuriamo l’elevatezza./Amore non soggiace al Tempo, anche se labbra/e rosee guance cadranno sotto la sua arcuata falce./Amore non muta in brevi ore e settimane,/ma impavido resiste sino al giorno del Giudizio./Se questo è errore, e sarà contro me provato,/allora io non ho mai scritto, e mai nessuno ha amato.
(pag. 66, traduzione di Hilia Brinis per Mondadori, Milano 2010)

5) Riferimento a un verso del Sonetto 18 di William Shakespeare (Rough winds do shake the darling buds of May, And summer’s lease hath all too short a date…):
Allora lui aveva sorriso, come tornando in sé. “Ah, sì?”, poi si era alzato ed era uscito dalla stanza mormorando: Impetuosi venti scuotono le tenere gemme di maggio, e il corso dell’estate è fin troppo breve.
(pag. 66, traduzione di Hilia Brinis per Mondadori, Milano 2010)

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Aiuto, Poirot! (The Murder on the Links)

Sintesi: Hercule Poirot, dopo aver ricevuto una lettera con richiesta di aiuto da Paul Renauld, si reca con Hastings nel nord della Francia per scoprire che l’uomo è stato brutalmente assassinato, a quanto sembra in seguito a una rapina in cui è rimasta coinvolta anche la moglie, trovata legata. L’investigatore belga avrà il suo bel daffare per risolvere il caso anche perché l’ispettore Giraud, della Sûreté di Parigi, lo considera vecchio e sorpassato ed è convinto di riuscire a scoprire la verità prima di lui.

Aiuto, Poirot (Murder on the Links)Curiosità:
1)
Nel comporre il romanzo, Agatha Christie si ispirò a un episodio di cronaca accaduto poco tempo prima in Francia: alcuni uomini mascherati avevano fatto irruzione in una casa uccidendo il marito, legando la moglie e provocando anche l’involontaria morte della suocera. La moglie era stata accusata di aver ucciso il marito fingendo poi di essere stata legata.
2) È il romanzo in cui Arthur Hastings incontra la donna destinata a diventare sua moglie, spesso citata nel corso della storia con il soprannome di Cenerentola. Agatha Christie, infatti, si era un po’ stancata del personaggio e stava cercando di trovare un modo adeguato per disfarsene (Cfr. Agatha Christie, La mia vita, Mondadori Editore, Milano 1978, traduzione di Maria Giulia Castagnone, p. 331).
3) La copertina del libro creò non pochi problemi all’autrice: “Il nuovo romanzo incontrò il favore della casa editrice, con cui, tuttavia, ebbi qualche discussione a proposito della copertina scelta per il libro. A parte i colori orrendi e il disegno piuttosto goffo, vi si vedeva un uomo in pigiama, su un campo da golf, in preda a quello che sembrava un attacco epilettico. Le mie rimostranze si basavano sul fatto che, nel romanzo, la vittima non solo era vestita di tutto punto, ma veniva trafitta con un pugnale. Non è obbligatorio che una copertina contenga dei riferimenti al romanzo ma, se si sceglie questa strada, bisognerebbe almeno che venissero rispettati i fatti”. (Ibidem, p. 331)
4) Secondo la studiosa Gillian Gill (cfr. Agatha Christie: The Woman and Her Mysteries, Robson Books, London 1990, p. 86) il fatto che, inizialmente, Hastings disprezzi la donna di cui si innamorerà, non è una manifestazione del pensiero dell’autrice ma piuttosto un esempio della stupidità degli uomini: “Ammetto di essere un po’ all’antica. Secondo me, una donna deve essere femminile. Proprio non tollero le ragazze moderne, nevrotiche, che si stordiscono di musica fracassona dalla mattina alla sera, che fumano come camini e usano un linguaggio che farebbe arrossire un marinaio”. (Agatha Christie, Aiuto, Poirot!, Mondadori, Milano 2015, traduzione di Lia Volpatti, p. 7).
5) A questo link è possibile ascoltare la versione radiofonica inglese dell’intero libro realizzata dalla BBC: https://archive.org/details/TheMurderOnTheLinks1923

Riferimenti intertestuali:

1) Riferimento esplicito al romanzo Poirot a Styles Court (1920):
“Ricordate il caso di Styles Court?”, domandai.
“Aspettate… Una vecchia signora che era stata avvelenata? È successo nell’Essex?”.
Annuii. “È stata la prima grande impresa di Poirot. Se non ci fosse stato lui, l’assassino l’avrebbe fatta franca. Ha fatto un lavoro d’indagine a dir poco perfetto”.
(pag. 10, traduzione di Lia Volpatti per Mondadori, Milano 2015)

Aiuto, Poirot (Murder on the Links)2) Riferimento al personaggio mitologico di Elena e a quelli storici di Cleopatra e Maria la Sanguinaria:
“Ho tentato di entrare dal cancello principale, ma quel barbagianni di un agente mi ha bloccato la strada. Credo che Elena di Troia, Cleopatra e Maria la Sanguinaria messe insieme non sarebbero riuscite a smuoverlo. Che fortuna inaspettata aver incontrato voi. Andiamo, mostratemi tutto”.
(pag. 68, traduzione di Lia Volpatti per Mondadori, Milano 2015)

3) Riferimento implicito al racconto Doppia Colpa, pubblicato nella raccolta Appuntamento con la paura (1961), in cui Hercule Poirot aiuta il suo amico, l’agente teatrale Joseph Aarons, a risolvere una questione che lo riguarda:
“Ricordate Joseph Aarons, l’agente teatrale? No? L’avevo aiutato in una piccola faccenda. Un problemino facile, facile, ve lo racconterò un giorno o l’altro. Lui, senza dubbio, sarà in grado di aiutarci a scoprire ciò che vogliamo scoprire”.
(pag. 175, traduzione di Lia Volpatti per Mondadori, Milano 2015)

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L’uomo vestito di marrone (The man in the brown suit)

Sintesi: La giovane Ann Beddingfeld, figlia di uno dei più emeriti studiosi di storia delle origini dell’uomo e orfana di madre, si ritrova improvvisamente sola quando il padre muore di polmonite doppia lasciandola con un misero patrimonio di ottanta sterline e spiccioli. L’avvocato di famiglia, Henry Flemming, invita Ann a trasferirsi a Londra, da lui e dalla moglie, nella speranza di aiutarla a trovare un lavoro. Qualche tempo dopo, mentre si trova alla stazione della metropolitana, Ann viene attratta da un uomo, il cui cappotto puzza di naftalina, che in seguito finisce lungo disteso sui binari. A soccorrerlo, arriva una seconda persona che si spaccia per medico e che, una volta constatato il decesso, fugge via perdendo un biglietto contenente data e ora di partenza di un piroscafo. Il giorno seguente, il giornale riporta la notizia del rinvenimento, in una villa disabitata di proprietà di Sir Eustace Pedler, del cadavere di una donna che sembra essere in qualche modo collegata al morto della metropolitana. Ann, improvvisandosi detective, decide di salire sul piroscafo citato nel biglietto nel tentativo di svelare l’enigma.
È un romanzo di spionaggio narrato con una buona dose di ironia.

L'uomo vestito di marroneCuriosità e notizie storiche:
1)
La narrazione in prima persona da parte della protagonista si alterna con gli estratti del diario di Sir Eustace Pedler, anch’essi narrati in prima persona, creando un interessante gioco a incastro. Il prologo, invece, è raccontato da un narratore onnisciente in terza persona.
2) Agatha Christie stessa, nel volume La mia vita, spiega l’origine del libro: “Una sera, che eravamo a cena da Belcher, prima di partire per il nostro viaggio, questi aveva insistito perché ambientassi un romanzo in casa sua. La casa, situata a Dorney, si chiamava Mill House. “Il mistero della Mill House”, aveva detto. “Niente male come titolo, vero?”. […] Gli promisi che ci avrei pensato. Durante il viaggio Belcher era tornato più volte sull’argomento. “Ricordati, però, che se lo scrivi, voglio che tu metta dentro anche me”. […] Durante il soggiorno sudafricano avevo abbozzato la trama del libro, che vedevo più simile a un thriller che a un vero e proprio romanzo poliziesco, e di cui molte scene erano ambientate in Sudafrica. […] Dopo aver buttato giù un paio di capitoli, mi accorsi che il personaggio di Belcher non riusciva a prender vita. […] Poi, d’un tratto, mi venne un’idea; avrei scritto il libro in prima persona, facendo parlare alternamente l’eroina, Ann, e il malvagio, Belcher. […] Seguendo il consiglio di Archie, battezzai il personaggio Sir Eustace Pedler e mi resi conto che se scrivevo il romanzo in prima persona questi diventava credibile e vivo. (Agatha Christie, La mia vita, Mondadori, Milano 1978, traduzione di Maria Giulia Castagnone, pp. 364-365).
3) Il romanzo, dapprima intitolato Il mistero della Mill House, fu pubblicato a puntate sul The Evening News. Il titolo fu modificato in Anna the Adventuress, e anche se Agatha Christie lo trovava insulso, non oppose alcuna obiezione poiché glielo pagarono cinquecento sterline (Cfr. Agatha Christie, op. cit., p. 375).
4) Secondo lo studioso Julius Green, che ha avuto la possibilità di visionare l’archivio dell’autrice, nel periodo di composizione del libro Agatha Christie stava realizzando un adattamento per il teatro (mai andato in scena) del romanzo The Exploits of Elaine di Arthur B. Reeve. L’adattamento era intitolato The Clutching Hand e narrava la storia di una giovane eroina impegnata a sgominare una banda di criminali. È quindi probabile che la stesura de L’uomo vestito di marrone sia stata influenzata anche da questi elementi oltre che dal suggerimento datole dall’amico Belcher (Cfr. Julius Green, Curtain Up, Agatha Christie: A Life in the Theatre, HarperCollins, London 2015, pp. 62-64).
5) L’eroina uscita dalla penna di Agatha Christie è una fan di The Perils of Pamela, riferimento, neanche tanto implicito, a un serial in venti episodi del 1914 intitolato The Perils of Pauline la cui protagonista è una ragazza desiderosa di condurre una vita avventurosa (nella versione italiana il riferimento viene omesso, come molti passaggi riguardanti l’Italia e gli italiani)
6) È il primo romanzo in cui compare il Colonnello Race, gli altri sono Carte in tavola (1936), Poirot sul Nilo (1937) e Giorno dei morti (1945). Il personaggio viene ricordato per l’interpretazione che ne diede David Niven nella pellicola Assassinio sul Nilo del 1978.
7) Una fan di Agatha Christie, di origine polacca, un giorno le scrisse una lettera in cui le spiegava l’importanza che aveva avuto per lei la lettura de L’uomo vestito di marrone. Durante la guerra, fu portata in un campo di lavoro tedesco dove scambiò un pezzo di candela con il libro, donatole da una sua compagna di prigionia di origine jugoslava. Per sette mesi, lesse solo quello imparandolo a memoria, ma ignorando il nome dell’autore perché mancavano le prime pagine. Quel libro fu per lei il suo unico contatto con un mondo normale.

Lettera fan Agatha Christie

Il copyright della lettera appartiene alla Agatha Christie Ltd.

Altre lettere indirizzate ad Agatha Christie dai lettori, o a cui lei rispose, sono visionabili qui (solo in inglese): https://www.culture24.org.uk/history-and-heritage/literary-history/art520349-family-of-agatha-christie-reveal-fan-letters-author-replied-to-in-author-125th-birthday-year

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